giovedì, settembre 22, 2005

Intermezzo: Ombre su Mikeros

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I due gladiatori si affrontano, sulle macerie di una maceria.
Il Colosseo, urlante di torce accese, si chiude tutto intorno a loro mentre si scrutano, armati di tridente e di rete l’uno, di gladio e scudo l’altro.
Hanno corporature gracili, inadatte al combattimento.
Si fronteggiano a breve distanza, delimitando un cerchio mentre camminano. Lo sguardo in cerca di punti deboli, senza un briciolo di umanità.

Sopra di loro, orribili giganti li guardano, inespressivi dalla testa posta sulle spalle, ghignanti ed esaltati da quella in mezzo al ventre.

Un enorme guerriero in armatura, con il capo circondato da una corona infuocata, stringe ancora tra le mani il minuscolo corpo di uno dei soldati di Mikeros, facendo sgocciolare sangue e interiora ai suoi piedi. Lo sguardo di entrambe le sue paia d’occhi sono tutti per il combattimento.
“Non saranno molti i soldati che vi rimarranno, se li ucciderete solo per avervi portato un messaggio…”
Il gigante in armatura si volta alle sue spalle. Un’onda di stizza scuote i suoi lineamenti, rendendoli quasi umani, per pochi attimi.
“… Generale Yuri Caesar”.
Alle sue spalle, un altro gigante con un enorme paio di corna da caprone. A differenza di altri, la sua seconda testa sostituisce la mano sinistra, mentre la sua barba candida scende lunga – quasi colasse – fino ai piedi.
“I combattimenti hanno una sacralità da rispettare. E questo vale per tutti, Primo Ministro Argos”
Il sorriso del Primo Ministro si tende leggermente.
“Vi ammiro. Siete l’unico a mantenere il rispetto della ritualità, dopo la morte del Generale Birdler”
“Birdler era il più stupido e debole di noi. Dovrei vestirmi a lutto per la scomparsa di un imbecille?”
Il rumore pesante delle giunture, nella corazza del Primo Ministro, quando si siede a fianco del Generale.

Sotto, uno dei due uomini ha già cominciato a sferrare il primo attacco: un colpo di gladio al fianco. Il tridente dell’avversario scatta a tenerlo lontano.

“Nemmeno il Grande Generale Nero è riuscito a impedire la sua fine”, sussurra poi Argos, lasciando scivolare le parole all’orecchio di Caesar.
Per la prima volta, il gigantesco guerriero sembra scuotersi.
“State cercando di insinuare qualcosa, Primo Ministro?”. Il tono della sua voce, divertito, sembra quasi costretto a rispondere con un altro sussurro.
“Sono solo un attento osservatore dei fatti, Generale. E’ coltivando lo spirito d’osservazione che si controlla lo spionaggio”
“Stare tra le ombre è il posto adatto ai deboli”

Un colpo di gladio secco, che taglia il fianco destro dell’avversario, appena il tridente lascia di poco scoperta la guardia.

“Eppure lo stare tra le ombre vi ha permesso di avere le informazioni che cercavate. E vi ha permesso di tenervi fuori dal disastro che è accaduto in Giappone”. Il tono del Primo Ministro è calmo, pacato. Sembra che nemmeno abbia notato l’offesa.
“Disastro che immagino abbiate contribuito a creare con qualche vostro saggio consiglio dato al momento giusto, Primo Ministro”
“Ora siete voi che insinuate qualcosa”
“Non prendetemi per stupido, Argos. So benissimo cosa pensavate di Birdler e di noi Generali tutti”

Un altro affondo di gladio. Stavolta, però, viene parato col manico del tridente. I due contendenti restano l’uno davanti all’altro, ognuno impegnato a spingere la propria arma davanti a sé, per sbilanciare l’avversario. Alla fine è quello col gladio a dover retrocedere. Inciampando malamente, si ribalta di schiena.

“La vostra opinione è solo parzialmente esatta. Quello che penso davvero è che il tempo del Generale Nero è finito”
“Cosa intendete dire?”

Il tridente si pianta a pochi millimetri dalla testa dell’altro. Solo uno scatto improvviso consente all’uomo a terra di farsi rotolare qualche passo più in là, dandosi il tempo di rimettersi in piedi.

“Ammettiamo, per amor di discussione, che abbia avuto una piccola parte nella caduta di Birdler… sarebbe comunque stato un buon insegnamento per noi tutti. Il Generale Nero era lì. Ha visto quello che dobbiamo affrontare”
“E che insegnamento ne avrebbe tratto, Primo Ministro?”
“Che i suoi precetti cavallereschi sono inutili, in questa guerra. Che non affrontiamo più uomini. Affrontiamo demoni di acciaio in grado di ucciderci e nutrirsi delle nostre carogne senza il minimo ripensamento”
Il volto di Yuri Caesar, sul suo petto, si rabbuia di un’espressione che mescola preoccupazione a uno strano orgoglio.
“Credete che non l’abbiamo già imparata da tempo, questa lezione?”
Tutti gli occhi di Argos si puntano sul Generale, costringendolo a fronteggiarlo e a distogliere la sua attenzione dal combattimento.
Voi sì. Altrimenti non controllereste l’Europa”

Uno dei due gladiatori è coperto di ferite. Dotato di un’arma così poco maneggevole e così ingombrante, ha il corpo striato di lunghe strisce rosse. Il sudore stesso che butta fuori si mescola al sangue che gli cola addosso.
L’altro è quasi illeso e fissa l’avversario, con un ringhio che spegne a malapena una risata da lupo.

“Controllerò l’Europa quando anche Berlino cadrà”, ribatte Caesar, con tono tagliente.
“Cadrà in fretta, se mi ascolterete. Ho qualcosa che potrebbe interessarvi. Qualcuno, per meglio dire”
Stavolta, il tono del Generale non riesce a nascondere uno scatto di ansia, di cui si pente pochi attimi dopo averlo fatto trasparire.
“Ossia?”

Si guardano ancora. Fissi.
Poi il combattente col gladio scatta verso l’altro, urlando.

“E’ una persona che osserviamo da molto, molto tempo. E benché fatti piuttosto recenti possano farcelo sembrare un avversario, credo di avere argomenti convincenti, per stipulare un accordo”
“Il nome!”
Il Primo Ministro lo dice, nel momento in cui l’urlo di battaglia dei gladiatori arriva all’apice.
“LUI?”
Argos non aggiunge nulla. Avvicina solo il braccio con la sua testa al petto, facendo equivalere il gesto a un cenno d’assenso.
Yuri Caesar fa un largo, larghissimo sorriso.
Poi torna a guardare verso l’arena.

Il gladiatore con la spada giace avvolto nella rete dell’altro, ai suoi piedi.
Il vincitore aspetta un cenno.

Con una strana inquietudine, che gli nasce improvvisa e assolutamente incomprensibile, il Generale Yuri Caesar allunga il pollice verso il basso.

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martedì, settembre 20, 2005

11 (seconda parte): l'ultimo volo del Generale Birdler

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Il Great Mazinger e Grendizer si lanciano in un disperato inseguimento della Fortezza Mikeros che, ancora danneggiata dal cannone a Energia Fotoatomica della Fortezza delle Scienze, si allontana a tutti i mototri dal campo di battaglia.
Non si lasceranno scappare la preda, ora che sembra così vicina a essere annientata una volta per tutte.
Gli ultimi mostri volanti, però, si frappongono tra loro e la corazzata del Generale Nero, decisi a sacrificare la propria vita pur di lasciare una possibilità di fuga al loro comandante.
Dopo un rabbioso e breve combattimento, perfino Tetsuya decide di lasciar perdere, ammettendo che i propri robot - danneggiati da uno scontro durissimo - potrebbero avere la peggio in un'ulteriore battaglia.
Il pilota del Great Mazinger vede allontanarsi la Fortezza di Mikeros, giurando a se stesso che la prossima volta che la vedrà, sarà l'ultima. In un modo o nell'altro.

Sotto, il campo di battaglia è un silenzioso cimitero. Koji Kabuto, ancora stordito dalle ferite, tenta dal Pilder di stabilire una comunicazione con Kurobe e Masai.
Nessuna risposta.
Quando scende dalla navicella, il dolore delle numerose ferite sembra scomparire davanti alla ferita ancora più profonda che squarcia il suo animo. I resti dei robot coreani, che Kurobe e Masai hanno preso per combattere, giacciono a terra. Sono accartocciati a ancora fumanti.
Respingendo il dolore che gli annebbia la vista, Koji apre il Pilder del Taekwon V, per trovarvi il cadavere di Kurobe, già freddo.
Il rumore delle pale degli elicotteri sembrano sommergere lo scenario desolato che fa da sfondo alla più grande vittoria finora ottenuta dall'Armata Mazinger. Trascinandosi aggrappato a Daisuke, Koji vede Masai venir estratto, ancora vivo, dallo Spacer del Mazinger X.
Quando il ragazzo chiede al suo istruttore che fine abbia fatto Kurobe, il pilota dello Zeta non può fare altro che mentire pietosamente.

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Koji e Daisuke arrivano fino alla Sala Controllo della Fortezza delle Scienze. Dentro ci sono il dottor Yumi, Umon e i piloti coreani.
Reggendosi sulle proprie gambe, Koji urla nella loro direzione.

TOGLIETEVI QUELLE UNIFORMI!

I piloti lo guardano attoniti. Poi, il loro sguardo si fa spaventato quando Koji prende la sua pistola a raggi. Tutti, nella sala, sembrano raggelarsi. Il dito del pilota di Zeta è in tensione, sul grilletto.

TOGLIETELE! NON SIETE DEGNI DI INDOSSARLE!

Quando, ancora in preda alla paura, i tre piloti obbediscono al suo ordine, Koji spara sulle uniformi lasciate cadere a terra, bruciandole.
Poi le forze lo abbandonano. L'ultima cosa che vede sono i tre, portati dalle guardie nelle loro stanze, più per la loro stessa sicurezza che per altro.

Passano lunghi giorni in cui i piloti riposano più privi di sensi che addormentati, in attesa di riprendere le loro forze. Un lungo sonno senza sogni... per quasi tutti.
L'unico a fare un sogno estremamente vivido è Koji.
Rivede suo padre, in piedi al suo capezzale.
Sente la sua voce, nitida come mai.
"Sono orgoglioso di te, figlio mio"
Il tocco gelido della sua carezza.


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La guarigione non aiuta ad alleviare le tensioni.
Hiroshi irrompe nell'infermeria, andando a grandi passi verso Sayaka, in silenzio vicino a Kabuto. Se il corpo dell'androide fosse ancora in grado di tremare, fremerebbe di rabbia: meno di molti altri, riesce ad ammettere che la vittoria definitiva sia sfumata, con la fuga del Generale Nero, per la scarsa determinazione del pilota del suo Big Shooter.
Quando sente Sayaka negargli una spiegazione con il solito tono sprezzante, la sua pazienza viene messa a dura prova. Con uno strattone doloroso costringe la ragazza a guardarlo negli occhi e a spiegargli il motivo dell'improvvisa ritirata.
Il tono di Sayaka è tagliente come al solito, quando gli risponde di aver semplicemente obbedito alle direttive della Fortezza e di essersi accorta che Mikeros stava andando incontro a un pesante bombardamento.
In preda alla rabbia, Hiroshi non risponde nulla, andando a confidarsi con l'unica persona che può ormai definire un'amica: Miwa. Miwa cerca di farlo ragionare e di fargli capire le ragioni che hanno mosso Sayaka a comportarsi in quel modo. Jeeg è irremovibile. Sayaka non salirà mai più sul Big Shooter.
La proposta di Hiroshi è che sia Miwa stessa a prenderne il posto. I ricordi della loro perfetta sincronia e la consapevolezza sull'intesa che sta nascendo tra loro non lasciano dubbi in Jeeg. Miwa non capisce perché il cyborg voglia proprio lei, che mai ha pilotato nulla.
La conversazione tra i due si conclude con una promessa quasi fatta per gioco: che la ragazza, cioè, cominci ad allenarsi seriamente ai simulatori, per vedere ciò che succede.

In previsione del rapporto dall’Area 51, Tetsuya fa sempre più attenzione alle condizioni fisiche di Maria, ancora in infermeria. Sta attento a ogni minima variazione dei valori, ogni più piccola nota stonata che faccia presagire l’inizio del terribile incubo a cui ha dovuto assistere in America.
Daisuke, non riuscendo a tenersi dentro lo spaventoso segreto (che invece il pilota del Great non vorrebbe venisse rivelato), racconta dell’esperienza a suo padre, il professor Umon. L’ufologo non si sbilancia in nessun parere, ripromettendosi di indagare sulle testimonianze che sono state raccolte. La perdita di ogni dato consultabile, in seguito alla distruzione dell’Area 51 da parte del Great Mazinger, non rende però più semplice la cosa.

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Non appena Maria e Koji - quelli usciti peggio dallo scontro – si riprendono dalle ferite, i piloti e il team di scienziati si incontrano per discutere il da farsi.
Malgrado la soddisfazione per la vittoria appena conquistata, Yumi e Umon fanno notare che rimanere in Giappone non sarà più possibile: la sconfitta di Birdler porterà a gravi rappresaglie e ormai Tokyo (a poca distanza) è in tutto e per tutto il centro del potere dell’Impero Mikeros. Rimanere un minuto di più significherebbe rischiare un massiccio attacco in forze da parte del Generale Nero stesso. Prospettiva impensabile, per le condizioni in cui versano molti robot e piloti.
Maria ribatte che non è così che si combatte una guerra, lasciando al nemico i territori appena conquistati, ma anche la maggior parte degli altri piloti sembra concordare su una tattica di maggior prudenza.
Koji chiede se dalla Fortezza sia partita una richiesta d’aiuto al Conte Blocken, avendo visto le sue Machine-beast combattere a fianco dell’Armata Mazinger. Sia Umon che Yumi fugano un qualsiasi dubbio sull’eventualità, ipotizzando che invece l’ex gerarca di Hell abbia trovato un modo di ripristinare una rete satellitare e abbia visto da solo la situazione. In ogni caso, risulta piuttosto chiaro che l’Armata Mazinger è adesso in debito con uno dei suoi avversari più odiosi: debito che presto o tardi dovrà venire ripagato.
Daisuke in particolare sembra essere particolarmente disgustato dall’ipotesi di aiutare un dittatore nazista, risultando molto deciso e insistente sulla sua volontà di non collaborare nella difesa di Berlino.
Hiroshi, dal canto suo, vede di buon grado un alleato nella lotta contro Mikeros e spinge sulla necessità di trovare al più presto il traditore all’interno della Fortezza delle Scienze. I due scienziati, pur rifiutando i suggerimenti brutali proposti dal cyborg, chiedono ai piloti cosa sia meglio fare, sia per la questione spia che per la permanenza o meno in Giappone. Lo stesso Direttore interviene nella discussione, attraverso i microfoni filtrati della sala riunioni, dando semplicemente il suo punto di vista e accettando di discutere il da farsi.
Koji, con tono sprezzante, si chiede cosa lo spinga a interessarsi di ciò che pensano i suoi piloti e lo invita ancora una volta, e ancora una volta invano, a mostrare il suo volto.

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Tetsuya racconta intanto ciò che lui e Daisuke hanno visto all’Area 51. Il resoconto del pilota del Great non è esattamente fedele ai fatti: certo, viene citata la minaccia dei parassiti Vegan e il loro ancora misterioso legame con l’Impero di Mikeros. Certo, viene raccontata per filo e per segno la situazione in America, riportando le parole del Barone Ashura nel filmato. Ma ogni cosa inerente a Maria, dai cloni a ciò che ne è capitato, viene taciuto.
Mentre il resoconto di Tsurugi è piuttosto fluido e credibile, la controparte di Daisuke risulta molto più farraginosa: presto risulta molto chiaro che il pilota di Grendizer, meno abituato a nascondere segreti simili, sta omettendo qualcosa e che quel qualcosa è a conoscenza di un sempre più innervosito Tetsuya.
Il professor Umon però, conscio dei motivi che spingono i due piloti a coprire ogni particolare su Maria, fa in modo di minimizzare e sviare l’attenzione dal discorso, portando i piloti a elaborare un punto della situazione.

Il piano che viene escogitato, per assicurarsi un attimo di tregua, è fornire false informazioni sulla rotta che verrà tracciata dalla Fortezza delle Scienze. Verrà reso noto che l’Armata Mazinger andrà a pagare il suo debito verso Berlino, mentre la reale destinazione sarà tutt’altra. Il piano è concepito in larga parte da Hiroshi, che sotto sotto, inizia a non escludere dai sospetti nemmeno gli stessi scienziati.

E’ proprio quando la discussione sembra giunta al termine che Maria trova il coraggio di dire qualcosa che sa da sempre esser vero, ma che teme non venga creduto.
Qualcosa che ha verificato lei stessa.
"I nostri robot... non sono del tutto delle macchine".

Tuti i robot dell’Armata, e non solo Minerva, hanno una loro minima forma di coscienza. Maria non è in grado di sapere se ciò che sente dai giganteschi guerrieri siano i residui della coscienza e delle passioni dei piloti, o siano una primitiva forma di anima.
Non sa neanche in che misura robot e piloti si influenzino a vicenda. Per dimostrare le sue parole, collega le menti di ognuno e cerca di ricreare le sensazioni che le ha comunicato il Great Mazinger, quando lei ha cercato di “sentirlo” nell’hangar.

La stessa freddezza. La stessa superiorità verso chiunque.
Chiunque.

Tetsuya ha una reazione molto violenta. Pianta il pugno sul tavolo attorno a cui sono tutti riuniti, uscendo poi a grandi passi fuori dalla stanza. Jun, che forse è l’unica ad aver capito il motivo di una rabbia così forte, lo segue immediatamente dopo.
Ma il pilota, chiuso nella sua rabbia, non ha tempo né disponibilità per nessuno.
Le sue parole piene di furore mal represso sono solo per il Great.

Io… io diventerò PIU’ FORTE di te. Io… io RIUSCIRO’ A DOMARTI!

Tutt’altra reazione da parte invece di Koji, che fa continue domande a Maria su cosa provi il suo Zeta. La risposta della ragazza, che si sta accingendo ad abbandonare la riunione per parlare al Direttore, lo lascia in preda a fortissimi dubbi: quello che la telepate sente infatti da Mazinger è un fortissimo senso di inferiorità e paura. Difficile dire se il responso della telepate sia vero, o solo uno scherzo per "farla pagare" al pilota di Mazinger.

La discussione di Maria con il Direttore è molto breve. La ragazza ha capito che esiste un legame tra il Direttore e Koji. Prima che il capo della Fortezza delle Scienze neghi tale affermazione, Maria afferma in fretta che non le interessa sapere i suoi segreti. Vuole solo avvertirlo del fatto che la fiducia del giovane Kabuto nei suoi confronti sta incrinandosi ogni giorno di più. E che, se il capo della base continuerà a circondarsi del suo alone di mistero, questa labile fiducia sarà ben presto totalmente perduta.
L’impenetrabile scienziato rimane senza dire una parola, ascoltandola attentamente. Sono attimi pieni di silenzio, in cui è palpabile la consapevolezza delle considerazioni appena pronunciate. Poi il Direttore dice semplicemente di essere dispiaciuto per la sorte di Asuka, e una provvidenziale chiamata di Tetsuya lo salva dall’affrontare una ragazza che saprebbe leggere meglio di chiunque altro nella sua anima.

Tetsuya ferma Maria per dirle quello che DAVVERO lui e Daisuke hanno visto. La ragazza sembra prendere il fatto di essere un clone quasi con fatalità. Gli chiede perché lui stia raccontando tutto questo.

Tetsuya le sta offrendo quello che a lui è sempre stato negato.
Una scelta.
La scelta di andarsene dalla Fortezza, dove sarà vista con sospetto e forse studiata, per farsi una vita propria. Lontano dall’Armata Mazinger. Lontano, per quanto è possibile, dalla guerra.
Una vita sua, come mai nessuno dei due ne ha avuta una.

Maria decide di rimanere, certa che la scelta che le si offre in realtà sia obbligata in una sola direzione. Pur stupita dalle parole del rigido pilota del Great Mazinger, sale nel suo hangar e affronta Minerva, chiusa nel suo inquietante silenzio.

Minerva X le risponde semplicemente facendo risuonare beffardamente l’eco delle parole del Direttore nella sua testa.

Mi spiace per quello che è successo ad Asuka…

Intanto, nel suo hangar, Koji coccola Mazinger Zeta, cercando di rassicurarlo che non è inferiore a nessuno :-)
Si chiude così la prima stagione della prima serie di Dei o Demoni.
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