lunedì, ottobre 29, 2007

42: il segreto dell'Impero Jamatai




La mappa tattica inquadra la zona del Kyushu. Un puntino luminoso brilla con un intermittenza continua e irritante.
“Questa è la zona in cui Tetsuya è scomparso – spiega Yumi, a tutti i piloti riuniti subito dopo la pesante battaglia appena combattuta – Ipotizziamo che, non appena è stata oltrepassata la coltre di nebbia del Kyushu, ogni comunicazione sia saltata”
Spegne la mappa.
“Per quanto possiamo sperare che Tetsuya abbia trovato un accordo con Daisuke, non dobbiamo dimenticare che l’Impero Jamatai è potenzialmente ostile. Tetsuya è in pericolo finché si trova nel loro territorio, soprattutto senza alcun modo di comunicare con la Fortezza. Verrà immediatamente formata una squadra di recupero”
“Possiamo andare io, Amon e Sanshiro. Così, Maria potrà lavorare con Grace per scoprire dov’è Koji”, suggerisce Hiroshi.
“Maria verrà con voi. La priorità assoluta, adesso, è ritrovare Tetsuya”


“E Koji? – sbotta Hiroshi, spezzando completamente il silenzio – Non dovremmo pensare anche a Koji?”
La sua voce lascia tutti i piloti senza parole. Come al solito, Hiroshi non ha fatto altro che dare voce a ciò che pensano molti di loro.
Yumi smette di parlare e il suo sguardo si punta sul cyborg. “Non abbiamo tempo di cercarlo, adesso”
“COSA? Ho sentito bene? Non abbiamo tempo di cercare quello che è stato il suo pupillo finora e che è formalmente il capo dell’Armata Mazinger?”
“Che stai dicendo, papà? Stai dando i numeri?”, gli fa eco Sayaka, imporporandosi immediatamente in viso.
Il volto di Yumi, per quanto incupito, non accenna a cambiare minimamente d’espressione, nemmeno alle parole della figlia. “Non sappiamo dov’è Koji. Non sappiamo cosa stia facendo e non sappiamo se sia vivo…”
“Lo è! Quante volte glielo devo ripetere? Ho tenuto il suo Pilder tra le mani, ho visto…”“Questo non significa nulla, Hiroshi. Non abbiamo un punto di partenza per cercare Koji”, lo interrompe freddamente lo scienziato.
Maria si schiarisce leggermente la voce. “Dottore, io le ho già detto che potrei…”
Yumi scuote la testa. “IL punto non è questo. Il punto è che Tetsuya è scomparso da diverse ore, da solo, in una zona invasa da creature che tuttora sono a tutti gli effetti nostri nemici. Non possiamo ignorarlo. E, a differenza di Koji, non abbiamo dubbi su dove cercare”
“Ma basterebbe mandarne alcuni di noi a cercare Tetsuya. Gli altri potrebbero continuare a cercare Koji”, ribadisce ostinatamente Hiroshi.
“L’unica persona che ha una qualche speranza di trovare Koji è Maria, coi suoi poteri mentali. Ma Maria deve venire con voi. Se ci sarà da trattare con Daisuke per un’eventuale liberazione di Tetsuya, è quella tra chiunque di voi più adatta”
“Ma lei vuoleritrovare Koji?”, ringhia Hiroshi, esasperato.
“Hiroshi, io voglio bene a Koji come fosse figlio mio. Ma non posso sacrificare un altro membro dell’Armata al suo posto, renditene conto!”
“SMETTILA! – urla Sayaka, ormai completamente fuori di sé – E’ questa la gratitudine che hai per lui? Per tutte le volte che ha combattuto per te? INTENDI ABBANDONARLO?”
“Sayaka, io non ho detto che…”
Sayaka prende su il suo casco, facendo per andarsene. “Papà… se tu non hai il coraggio di cercarlo, lo faccio io. Fine della questione”
“Sayaka, non…”
Troppo tardi. L’irruente ragazza esce dalla sala, senza ascoltare altro.
Un velo di imbarazzo torna a coprire tutta la sala, spezzata solo dal ghignare di Amon, che sembra starsi godendo un mucchio la scena.
“Nato per comandare, eh?”
“Avete avuto i miei ordini. Partenza tra pochi minuti”, replica gelidamente Yumi, congedando tutti quanti.





Il Kyushu appare ai piloti in missione come un’immensa nuvola grigiastra e malsana, che si pianta nelle profondità del terreno, avvolgendo l’intera regione giapponese in una cupola livida.
“I sistemi di comunicazione stanno saltando”, avverte Sanshiro, facendo dei continui controllo sul quadro comandi del Gaiking.
“Confermo – annuisce Miwa con Hiroshi a fianco, provando una comunicazione dal Big Shooter – Funzionano solo quelli a breve raggio, anche se presentano segni di disturbo. Tra poco non potremo contare più nemmeno su quelli. Il Great Mazinger non risponde ad alcun segnale”
“Provo una comunicazione mentale con Tetsuya”, li interrompe Maria.
I piloti restano, in volo, per qualche istante in attesa di uno sviluppo positivo. Quando Maria si fa sentire nuovamente, l’esito è però tutt’altro rispetto a quello sperato.
“Niente”, dice rassegnata la telepate.
“Dev’essere questa dannata nuvola che interferisce con tutto”, mormora cupamente Hiroshi.
Amon, che non ha bisogno di alcuna comunicazione (e che del resto non potrebbe averne, non pilotando un robot), scopre i denti i un ghigno divertito e, dispiegando ancor più le ali, plana tuffandosi direttamente in mezzo alle nuvole.


Maria fa un ultimo disperato tentativo di sondare la zona.
In realtà non sta più cercando Tetsuya.
Lentamente, i suoi poteri mentali si sforzano di bucare la cortina impenetrabile per arrivare a una mente particolare. Una mente aggrovigliata nell’oscurità, nel rimorso e nella solitudine. Una mente che ha imparato a conoscere bene.


Daisuke.


Daisuke, abbiamo bisogno di parlarti adesso.


La mente del pilota di Grendizer ha sentito, di questo Maria ne è sicura. La sente cercare di sbrogliarsi, di rendersi più lineare per riuscire a comunicare, di nascondere quelle parti che evidenziano una chiara debolezza.


- Maria, ero stato chiaro. Ci saremmo rivisti durante lo scontro con il Generale Nero, non prima.
- Dov’è Tetsuya?

La conversazione mentale viene interrotta bruscamente. Maria, imbracata nel vano di pilotaggio di Minerva X impreca sottovoce, rimpiangendo il Duke Fleed del futuro, molto più cupo ma anche più facile da trattare.






“Hiroshi… c’è qualcosa di… di sbagliato, qui. Qualcosa di malefico”
Miwa lo dice restando ancora concentrata sulla rotta da seguire, a mezza voce. Hiroshi fa un sorriso intenerito. Un sorriso che non sembra avere nulla a che spartire con il demone d’acciaio che combatte così furiosamente in battaglia.
“Micci, non preoccuparti. Vedrai che riusciremo a cavarcela, qualsiasi cosa succeda. Solo, promettimi di andartene verso la Fortezza, dovesse succedere qualcosa”
“Sai che non posso promettertelo”
Hiroshi la guarda per qualche istante. Poi il suo sorriso si allarga. “Lo so”


Le impressioni di Miwa non possono che contagiare tutti e quattro i membri in missione dell’Armata Mazinger.
Il Kyushu non è esattamente come nessuno di loro ricordava. La terra sembra essersi sventrata per i continui scontri, in un ingrigito panorama di palazzi divelti e autostrade spaccate, completamente invase dalla vegetazione. All’orizzonte, sembrano esserci monti, piccoli ma visibili, di cui nessuno ricordava la presenza. Ognuna di quelle cime ha qualcosa di strano, quasi fossero una presenza viva, in continuo ascolto, in continua sorveglianza…
I cadaveri dei mostri Mikeros sono impalati ai tetti delle case, ai pali della luce rimasti in piedi. Macabri trofei le cui parti organiche vengono lasciate a marcire, e quelle cibernetiche ancora mandano sprazzi incontrollati di elettricità. Ai loro piedi, Spiriti Haniwa caduti e soldati di entrambi gli schieramenti abbandonati gli uni sugli altri, le armi ancora strette in mano.
Ma soprattutto, a lasciare sgomenti i nostri, sono le statuette funerarie Haniwa lasciate dappertutto. Anche queste sembrano sentinelle, impietrite in uno scrutare silenzioso e costante. A Maria e Hiroshi, i più “anziani” della squadriglia, viene immediatamente in mente la prima volta che videro un paesaggio simile, poco prima di abbandonare il Giappone, in un’isoletta poco lontana dalla costa nipponica in cui si erano insediati. L’isola in cui ascoltarono il Ministro Amaso parlare per conto della Regina Himika e proporre la prima alleanza contro il futuro avvento dei Vegan. Ora, quei giorni sembrano fin troppo lontani, ed è con la massima circospezione che i nostri si avventurano in una parte di Giappone ai loro occhi palesemente stregata.





Amon è il primo ad arrivare e scendere. Mentre ripiega le ali, si guarda intorno, completamente circondato dalle sinistre statuette funerarie.
Lento, cammina alzando nuvolosi di polvere attorno a se, con gli occhi che gli saettano da una direzione all’altra.
C’è qualcosa di familiare, sì, ma non saprebbe dire cosa. Un’odore, forse, o più probabilmente qualcosa di epidermico, uno strano formicolio che appartiene molto più alla sfera dell’istinto che a quella dei sensi.
Quando il suo volto scatta verso la gigantesca sagoma di Yamata No Orochi, lontano, all’orizzonte, capisce che quella sensazione viene proprio da lì. E quando capisce cos’è, gli occhi si spalancano per lo stupore.
“Questo… questo NON E’ POSSIBILE!”
Gli altri piloti sono ancora troppo lontano, fuori dalla coltre di nubi.
Amon continua a guardare sgomento verso Yamata No Orochi, senza riuscire a capacitarsi di quello che sta sentendo. La spiegazione di quella strana sensazione d’essere tornato a casa.
Le sagome dei robot iniziano a intravedersi nella nebbia, e Amon sa che non è con loro che può condividere i propri sospetti.
Aprendo di colpo le ali, vola rasoterra il più veloce possibile, proprio mentre a sua volta anche Jeeg atterra bruscamente per terra, già in forma di robot.
“AMON! DOVE VAI?”
L’urlo di Hiroshi si perde nella nebbia, facendo da contrappunto al sibilo delle ali del Devilman che fendono l’aria.
L’eco si spegne. I piloti dell’Armata Mazinger sembrano completamente soli.


Jeeg raccoglie una di quelle statue Haniwa tutt’intorno.
Per lunghi minuti, ne tiene una in mano, fissandola attentamente, restando assolutamente immobile. È come se cercasse una risposta che non arriva.
“Hiroshi…”, mormora Miwa dal Big Shooter.
La mano di Jeeg si chiude sulla statua, spaccandola di netto. Il vento si fa leggermente più forte mentre tutte le altre ricominciano a vibrare.
Il robot d’acciaio fa cadere per terra i cocci, restando guardingo e fissandosi attorno. Lentamente, anch’essi si muovono tornando a riformare la statuetta di prima.





“Micci, resta qui in zona. Noi ci spostiamo verso Yamata No Orochi”, mormora il robot d’acciaio.
“Io vengo con voi, Hiroshi!”
Da Minerva X, arriva la voce di Maria. “Miwa, se ci succede qualcosa è bene che qualcuno corra ad avvertire la Fortezza, visto che le comunicazioni qui sono disturbate”
Miwa resta in silenzio per qualche istante. “Va bene”, sospira poi.
Gaiking, Minerva X e Jeeg si inoltrano nel disastrato territorio Jamatai. Anche gli animali sembrano innervositi e pochi. Quando passano, stormi di uccelli si alzano in volo, terrorizzati.
Gli Spiriti Haniwa cominciano a farsi più frequenti, via via che avanzano. Sono sempre di più, e il loro sguardo si posa sui robot all’unisono del vibrare delle statuette funerarie, sempre più ronzante e sempre più ossessivo.
Tuttavia nessuno sembra volerli attaccare. Come trattenuti da qualche forza superiore, i mostri lasciano passare i robot, che continuano a muoversi guardinghi e pronti alle peggiori eventualità.
Si fermano solo ai piedi della gigantesca ammiraglia dell’Impero Jamatai, in una valle in cui case, palazzi e ogni forma di vita umana è stata completamente sradicata.
Il Great Mazinger è vicino a loro, apparentemente illeso: una breve e tranquilla comunicazione di Tsurugi spiega di essere stato coinvolto nell’attacco in forze del Gran Maresciallo Inferno e, per questo, di non essere ancora riuscito a tornare alla base.
Ma l’attenzione dei piloti è in gran parte rivolta verso la scena che si sta consumando sulla sommità di Yamata No Orochi. Amon è davanti alla Regina Himika e Duke Fleed, circondati da Flora e dai tre Ministri.


Le labbra di Himika si piegano in un sorriso.
“E’ da molto che non ci vediamo, Amon, Massacratore dei Demoni. E non in questa forma”
Il sorriso con cui risponde il Devilman è un arricciarsi delle labbra, che scopre ancor più le zanne.
“Io non mi ricordo di te, Regina. Ma so che siamo simili… quasi tutti”, aggiunge, fissando Duke Fleed.
“Un umano si è fuso quindi al tuo corpo, Amon?”


La domanda di Himika lascia di ghiaccio i piloti dell’Armata Mazinger.
“E’ una Devilman anche lei?”, chiede interdetto Hiroshi.
Maria li fissa a occhi spalancati. “Lei… la donna… i tre ministri… sono tutti dei Devilmen, a parte Daisuke e i loro mostri”
Gli sguardi dei piloti tradiscono lo stesso pensiero. Se così fosse, l’idea che i Devilmen non sono altro che sperimentazioni della Human Alliance sarebbe assolutamente falsa. E forse sarebbe giusta invece quella raccontata da Amon stesso. Forse i Devilmen hanno veramente il diavolo come progenitore.


“Akira Fudo è stato molto coraggioso”, ghigna Amon, rispondendo alla domanda.
“Anche la Regina Himiko, molti secoli fa, lo è stata. Ma anche piuttosto stupida e avventata, come lo sono tutti gli esseri umani”, sussurra Himika.
I Ministri non cessano di distogliere gli occhi dai robot dell’Armata. Jeeg è convinto che uno di loro, un gigantesco guerriero con metà volto sfigurato, sussurri una parola al suo indirizzo.
Abominio


“Tu chi sei, invece?”, ringhia Amon a Daisuke.
Col volto nascosto dall’elmo, l’atteggiamento del ragazzo sembra improntato a una freddezza totale, di chi ha già visto ormai fin troppi orrori per lasciarsi terrorizzare da qualcuno in più.
“Il mio nome è Duke Fleed”, risponde senza scomporsi.
“E’ il nostro Principe. Colui che ci guiderà nella guerra contro chi ci ha invaso troppo tempo fa”, aggiunge compiaciuta Himika, rivolgendo uno sguardo indecifrabile ad Amon.
Per quanto il primo impulso del Devilman sia tutt’altro che mostrare rispetto, una percezione del tutto istintiva gli fa capire quanto ciò che stia dicendo Himika è la verità. C’è qualcosa di strano nell’uomo che ha di fronte, qualcosa che nemmeno lui riesce a spiegarsi.
La sua voce cupa rimbomba per tutta la vallata in cui i nostri eroi, del tutto raggelati dalla situazione, non possono fare altro che guardare.


“Non sono abituato a inginocchiarmi, Principe. Ti propongo un patto, però. Io schiererò davanti a te e ai tuoi ordini il più grande esercito di demoni, contro i nostri Invasori”
La risata cristallina e crudele di Himika li interrompe per un istante. “Attento, Massacratore dei demoni. I nostri invasori sono molti… e non provengono tutti dallo spazio”, sibila, lanciando uno sguardo significativo agli umani dell’Armata Mazinger.
“Qualunque invasore intendi”, specifica con un ghigno Amon.
Uno dei pugni del Great Mazinger si chiude, in preda alla rabbia. Anche gli altri robot tendono i loro muscoli di ferro e acciaio in un nervosismo crescente, che potrebbe sfociare in un attacco da un momento all’altro.
“E in cambio cosa vuoi?”, chiede Daisuke.
“Voglio il tuo aiuto e quello dei tuoi nel rintracciare una persona… che mi deve… molte… spiegazioni. Il suo nome è Ryo Asuka”


“TI HO GIA’ DETTO CHE IO METTERO’ LE MANI SU ASUKA”


La voce di Minerva X risuona attraverso tutta la valle.
“Tu non hai voce in capitolo, umana”, replica freddamente Himika.
Anche Daisuke resta a guardarla per un lungo momento. Poi guarda Amon. “Accetto”, dice seccamente.


L’atmosfera che si respira è surreale. Amon, ghignante, che stringe la mano a Daisuke. I ministri di Himika che osservano la scena, chi con un’ espressione soddisfatta, chi palesemente scontenta e poi la Regina stessa, che osserva compiaciuta ciò che sta succedendo e divertita lo sgomento dei piloti.
Maria ricambia quello sguardo con odio.
L’unica sua consolazione è che, quel mostro che tratta gli esseri umani con un tale disprezzo, nel futuro verrà detronizzata e costretta a fondersi proprio con un’umana.
Mentre quel poco di sole accende riflessi sinistri sugli artigli di Minerva X, Maria sente nascere una rabbia enorme dentro il suo corpo. Vedere quella corte di mostri che stringe patti, vedere nella stessa situazione il “fratello” a cui – nel futuro – si sentiva legata e che aveva rivalutato. Gli artigli di Minerva si stringono per un moto di frustrazione e furore.
Tutto quel risentimento, però, non è solo di Maria.
La ragazza si accorge che anche il suo ospite alieno, per qualche strana ragione, sta reagendo malissimo a quello che succede. Qualcosa sembra premerle dall’interno del corpo, cercando una strada per uscire, per squarciare la pelle e prendere il controllo della situazione. Proprio come, nelle caverne di Fleed, Hiroshi ha perso il controllo della sua seconda trasformazione e ha cercato di attaccarla, proprio come…
Senza preavviso, Minerva X si libra in aria, con tutta la velocità possibile, sfondando la coltre di nubi che opprime l’orizzonte del Kyushu da ogni parte. Si rende conto che rimanere lì, le farà perdere il controllo, porterà a qualcosa di terribile.
Il cielo azzurro invade l’orizzonte di Maria, quando esce fuori dall’area maledetta da Himika. Per un attimo, la ragazza può tornare a respirare.
Ma è un sollievo che dura molto poco.





Dura fino a una comunicazione del dottor Yumi.
“Maria! Finalmente riceviamo qualcuno di voi! Siamo in piena emergenza… è appena arrivato questo messaggio”
Sui monitor tutt’intorno all’imbracatura di Maria, dentro il suo robot, viene trasmessa una registrazione di appena un minuto prima.
Sullo schermo c’è un volto che ha visto solo una volta, ma che ha già ampiamente imparato a odiare. Il Gran Maresciallo Inferno.





“Quindi non eravate morti. Me ne rammarico molto. Io non sono il Grande Generale Nero, non mi interessa duellare con voi. Voglio solo uccidervi tutti quanti, mi comprenderete. È per questo che ho deciso di sganciare quattro testate nucleari su di voi. Una sulla Fortezza delle Scienze, una sulla base dei vostri alleati coreani. Una sui traditori del Drago Spaziale. Una verso quei pochi umani rimasti in Giappone. E se vi sto dicendo tutto questo, signori, è perché i missili sono stati lanciati pochi minuti fa e francamente non credo avrete il tempo di…”
Maria non lascia concludere la frase, tuffandosi tra le nubi del Kyushu per comunicare agli altri la situazione.


Mentre Maria passa concitatamente le immagini del messaggio ai suoi compagni di squadra, Himika socchiude gli occhi, come in ascolto di qualcosa.
“Non è tutto. Stanno arrivando anche qui, Principe. Arrivano con la loro ammiraglia e uno dei loro Generali per cercare di sottometterci”, dice la Regina, a voce appena percettibile, senza curarsi troppo di essere udita anche dagli altri.
Daisuke resta in silenzio, rimuginando le sue decisioni. Rivolge lo sguardo, reso inespressivo dal casco verso i suoi vecchi compagni dell’Armata Mazinger, che già si stanno smobilitando per andare, e i dignitari del regno Jamatai, che aspettano la sua scelta.
Il cielo livido e carico dell’elettricità della battaglia imminente, rende la sua figura ancora più enigmatica e tenebrosa.
“Salirò a bordo di Grendizer – dice risolutamente – e scaccerò gli invasori Mikeros dalle mie terre”
Il sorriso soddisfatto di Himika si fa più largo, tingendosi di una palese ironia nell’incrociare le sagome degli altri robot dell’Armata, paralizzati da quella scelta.
“Cane bastardo, c’è della gente che morirà, per quelle bombe!”, ruggisce Jeeg.
“Anche qui moriranno delle persone, se non sarò qui a difenderle. Ed è questa la mia gente, ora”, risponde freddamente Daisuke, con un tono molto simile a quello che il sinistro Duke Fleed, che i nostri hanno visto nel futuro, usava. Per ribadire concetti molto simili.
Per un momento, Hiroshi è seriamente tentato di ucciderlo sul posto, schiacciarlo come – tempo prima – Mazinger Z schiacciò a Yoshida il Duca Gorgon. Poi si volta, deciso a non perdere tempo, e corre verso il punto in cui Miwa sta ancora aspettando con il Big Shooter.
“SCRANDER DASH!”, urla Tetsuya, dirigendosi immediatamente verso il Kanto, deciso a proteggere la comunità di Edo a ogni costo.
Immediatamente, Jun si libra al suo fianco con Venus Alpha.


Amon lancia un’occhiata a Minerva.
“I tuoi saranno in pericolo… meglio sbrigarsi”
Poi si rivolge a Himika. “Avremo bisogno di una parte dei tuoi spiriti Haniwa, per fermare quest’emergenza”
La risposta della Regina è una cristallina, gelida risata. “I miei spiriti rimarranno a combattere la Fortezza Mikeros e chiunque uscirà di lì. Da quando hanno cominciato a interessarci gli umani, Massacratore dell’Inferno?”
“Sono umani con cui ho fatto un patto. E io sono di parola”, risponde risolutamente Amon, con i nervi che si tendono dalla rabbia.
“Che muoiano tutti – risponde con un sorriso amabile Himika – sarà certamente meglio per tutti noi. Adesso abbiamo tutto ciò di cui c’è bisogno per far sopravvivere la nostra specie”
Le zanne di Amon si digrignano in un ringhio cavernoso. “Non ti conviene avermi come nemico”
Mimashi, uno dei ministri di Himika fa prontamente un passo in avanti, ma la Regina lo ferma con un solo gesto, continuando a fissare Amon.
“Devo temerti, servitore degli umani?”
Gli occhi di Amon si infiammano. Il sorriso crudele di Himika si fa proporzionalmente più accentuato.
“Non più di dieci dei miei Spiriti, i più feriti. In battaglia non ci sarebbero utili comunque”
Amon non commenta. Spalanca le ali e a guarda l’insignificante esercito che Himika ha concesso di mandare.
“Ci rivedremo, Himika”
La donna fa un ultimo sogghigno. “Molto prima di quanto tu non creda”.
Sanshiro, dal suo Gaiking, osserva cupamente i suoi compagni allontanarsi. Poi, vola al massimo della velocità verso il Drago Spaziale.





Sopra le coste della Corea lontano dalla Fortezza delle Scienze, Miwa manda una comunicazione a Jeeg, appollaiato proprio sopra il Big Shooter. Entrambi sono dietro la scia del missile puntato contro Incredibile Power, la base dell’Armata Taekwon V.
“Hiroshi… io…”
Jeeg guarda preoccupato il missile, che sta per abbattersi contro la costa coreana. “Non preoccuparti. Andrà… - la voce sembra smorzarsi, per un momento – andrà tutto bene”
Miwa lascia aperta la comunicazione, senza aggiungere nulla.
Scuotendo la testa, per scacciare ogni pensiero, Jeeg si lancia dal Big Shooter. Il missile è proprio sotto di lui. Per quanto sembri facile afferrarlo solo allungando le mani, Hiroshi sa benissimo che un solo, minuscolo errore, comporterà un disastro per lui e per centinaia di persone. Allunga le braccia. Potesse chiudere gli occhi, quegli enormi occhi sempre aperti nel suo volto metallico, lo farebbe adesso, mentre la caduta libera lo schiaccia inesorabilmente verso terra, e la testata gli sfreccia di fianco.
Una mano artiglia la fiancata del missile. Per un millesimo di secondo che resta eterno, il robot d’acciaio resta in questa posizione, appeso e ciondolante. Poi, con uno sforzo perfino per il suo corpo da robot, si arrampica fino a stare a cavalcioni sulla testata.
Ed è qui che si trova davanti a un orrore che mai si sarebbe aspettato. Fusi al missile, come le parti organiche dei mostri di Mikeros, ci sono decine di bambini piangenti, i figli e le figlie dei prigionieri del Maresciallo Inferno. Distruggere il missile significa ucciderli.
Hiroshi resta senza riuscire a parlare per alcuni, preziosi secondi. La voce odiosa e trionfante del Maresciallo Inferno risuona nelle sue orecchie, e in quelle di tutti i piloti, attraverso i canali di comunicazione.


E ora cosa farai, Armata Mazinger?


Freneticamente, chiudendo gli occhi e consolandosi in maniera amara con la consapevolezza che quei bambini sono già morti, Jeeg comincia a cercare di disfare la testata, distruggerla.
“Padre – mormora a se stesso – vediamo se sono immortale come dicevi…”


La gigantesca sagoma della Fortezza Mikeros comincia a intravedersi tra le nuvole del Kyushu. La luce, che traspare dalle decine di facce urlanti scolpite lungo tutta la sua fiancata, è l’unica cosa che la fa distinguere dal grigiore circostante.
I draghi di Yamata No Orochi stridono tutti insieme, pregustando già lo scontro.
Himika, sulla piattaforma più alta della sua corazzata, stringe l’ascia bipenne tra le mani, con un cupo sorriso sul volto.





“Sono stanca dell’arroganza di questi giocattoli creati dagli umani. IKIMA!, AMASO!, MIMASHI!… distruggiamo la loro nave una volta per tutte!”


Amaso risponde con un animalesco urlo di trionfo. Mimashi sfila lentamente lo spadone e guarda con un ghigno crudele il suo avversario. Ikima, a braccia conserte non sembra lasciarsi andare ad alcuna emozione.
“State attenti. Mikeros è pericolosa”, comunica loro Daisuke, dal Grendizer.
Mimashi si volta con rabbia verso il robot, non riuscendo a nascondere il naturale disprezzo che prova per un Principe che non ha mai riconosciuto come tale.
“Voi piuttosto fate attenzione… di certo non vorremmo che vi accadesse qualcosa di male”, sussurra, con la voce appesantita dal veleno.
“So badare a me stesso”, dice a voce bassa Duke Fleed. “DIZER! GO!”, urla, partendo all’attacco insieme allo spirito Haniwa controllato da Flora.





I tre ministri fanno crescere in maniera spropositata le proprie dimensioni, esattamente come Amon, nell’hangar del Great Mazinger solo poche ore prima.
La piattaforma volante su cui si muovono, un gigantesco manufatto funebre dell’epoca Yamatai, dalla forma di croce, si dirige veloce contro Mikeros, precedendo di poco Yamata No Orochi.


“IN NOME DI HIMIKA-SAMA!”


La prima bordata di raggi da Mikeros scuote la piattaforma. Con un ruggito di determinazione, i tre ministri di Himika vi si tengono aggrappati.
Poi, tutti e tre aprono gli occhi, facendovi uscire all’unisono un fascio di laser che colpiscono pesantemente una delle facce di Mikeros.
Sotto, lo scenario di guerra che nessuno dell’Armata Mazinger avrebbe forse mai potuto prevedere: gli Spiriti Haniwa e i mostri Mikeros si danno battaglia senza esclusione di colpi, segnando il punto di non ritorno nel conflitto tra le due mostruose etnie. Dove i mostri di Mikeros sono più letali, meglio armati, gli spiriti Haniwa si fondono al paesaggio, vengono inghiottiti dalla terra per rispuntare alle spalle dei loro avversari. Ibridi tecnologici e mostri ancestrali si scontrano in una battaglia campale per decidere chi avrà il privilegio di governare il Kyushu.


La possente figura di Mimashi si erge in tutta la sua altezza, puntando la spada verso il cielo e poi verso la Fortezza Mikeros, scatenandovi un’onda d’urto di energia.
Amaso ride istericamente. “E’ il mio turno!”
Salta addosso alla corazzata nemica, incurante delle batterie di missili che gli vengono sparate contro. Anche Ikima, per puro spirito di competizione, decide di seguirlo in quello che ai suoi occhi appare come una prova di coraggio.





Mentre i raggi sparati dalle facce di Mikeros continuano a colpire la piattaforma su cui ormai solo Mimashi sta ancora ancorato, i missili a ricerca colpiscono sia Ikima (impegnato a tranciare a colpi di spada i mostri che stanno uscendo in difesa della corazzata) che Amaso, che morde la carena della nave strappandola con la forza delle zanne, come un animale rabbioso.
Himika, nella piattaforma di Yamata No Orochi, pianta l’ascia bipenne per terra, guardando la nave nemica e stringendo gli occhi. Un colossale simbolo del Tao compare proprio sopra Mikeros, sparando una pioggia di fulmini neri che la danneggiano gravemente.





Sotto di loro, un’altra testa di drago stride dal furore, urlando tutta la sua rabbia.
Grendizer è davanti quelle fauci che si protendono in avanti, pregustando il momento di farlo a pezzi.
“Generale Dreidow… a noi due”, mormora cupamente Duke Fleed. Lo spirito Haniwa di Flora scalpita al suo fianco.
La faccia umana di Dreidow sorride, con disprezzo. “Tradire l’Impero di Mikeros sarà ciò che tu e la tua gente rimpiangerete in eterno".


Lo spirito Haniwa di Flora si lancia al galoppo verso il Generale Dreidow, colpendolo con la sua micidiale trivella. Il Generale subisce un contraccolpo all’indietro e, mentre la testa da umano ringhia di dolore, la testa di drago cerca di chiudere le sue fauci sull’avversario. Un colpo di Screw Smasher Punch lo coglie alla sprovvista, costringendolo a concentrarsi nuovamente su Grendizer.
Gli occhi dell’UFO Robot si accendono di una luce sinistra, e i boomerang sulle sue spalle si illuminano a loro volta in maniera accecante, prima di venire sparati contro il comandante delle forze dei rettili.
Un sibilo, poi due squarci si aprono sulla sua corazza.
Totalmente infuriato, gli occhi da drago di Dreidow si rivolgono completamente verso Grendizer.
“Sono io il tuo avversario”, afferma freddamente Daisuke al suo interno. Poi le lame degli Shoulder Boomerang ritornano verso il robot.
“DOUBLE HARKEN!”
Nella nebbia opprimente, per un momento l’unica sagoma è quella nera di Grendizer, con la lucente alabarda stretta tra le mani. Dreidow e Grendizer si guardano per un istante, prima di gettarsi uno contro l’altro.
Un colpo di Double Harken squarcia il petto del Generale, pur senza metterlo fuori combattimento. Le fauci di Dreidow si chiudono su una spalla del robot, incrinandone pesantemente la corazza. Lo spirito Haniwa di Flora spara alcuni missili per distrarre l’avversario di Daisuke, che vanno a esplodere sulla corazza del Generale, spostandolo pesantemente di lato.





Infuriata, la testa di drago si volta verso di lei. Spalanca le fauci. Una colonna di fuoco viene sparata fuori dalla sua gola, investendo completamente lo spirito Haniwa, e facendolo crollare momentaneamente per terra.
Per Flora, connessa mente e anima al suo spirito, il dolore è insopportabile. Come se lei stessa venisse arsa viva, si toglie elmo e divisa, rotolandosi in terra, urlante.





Le carni dello spirito Haniwa vengono consumate e, mentre si rialza tra le fiamme, il bianco delle ossa ha lasciato posto alla pelle, ai muscoli. Flora stessa, con un intenso sforzo di volontà, cerca di farlo muovere nonostante la sofferenza insopportabile che la fiammata di Dreidow le sta arrecando.
L’altra fiammata è per Grendizer. Il robot riesce prontamente a farsi scudo con le braccia ma, nonostante questo, il calore delle fiamme dentro l’abitacolo del pilota si fa assolutamente insopportabile.
Grendizer e lo spirito Haniwa di Flora si lanciano in un attacco combinato: il raggio dello scheletrico pegaso si unisce allo Space Thunder del robot. L’attacco riesce a interrompere l’attacco di Dreidow, che però, con un morso, stacca di netto un braccio a Grendizer.
Daisuke, nell’abitacolo, trattiene un urlo.
“Principe!”, mormora Flora. Poi anche il suo respiro si strozza quando una debole luminescenza inizia ad avvolgere il braccio dell’UFO Robot.
Anche gli occhi di Dreidow si stringono.


Il braccio di Grendizer si sta rigenerando.




“AAAARGH!”





Jeeg alimenta il suo campo magnetico, cercando di espanderlo il più possibile per far andare in tilt le strumentazioni del missile. Alle sue urla, si agganciano quelle di tutte le povere vittime costrette a finire la propria vita per la crudeltà del Maresciallo Inferno.
Il suolo si fa sempre più vicino.
La voce di Miwa, al comunicatore, diventa flebile, a malapena intelligibile.
Hiroshi…
Hiroshi vorrebbe dire a Miwa di scappare da lì, mettersi in salvo. Ma la sua voce è schiacciata dalla velocità insostenibile con cui il missile sta precipitando e dalla paura di non farcela.
Una sola consolazione, mentre chiude gli occhi. Quelli di suo padre, sulla sua immortalità, sul suo dover divenire un nuovo dio magnetico, erano solo deliri.
Con il volto di Miwa impresso nella mente, Hiroshi attende il suo destino.


La torma di mostri che circonda il missile che punta sulla Fortezza, è un ulteriore ostacolo agli sforzi di Amon, Minerva e del pugno di mostri che Himika ha messo a disposizione per questa impresa. Nessuno dei due ha il tempo di preoccuparsi della presenza di vittime innocenti sulla testata nucleare: per Maria, morirebbero in ogni caso, solo portandosi con sé molta altra gente. Amon è invece indifferente al loro sacrificio, ancora infuriato contro la Regina Jamatai. I due attaccano i mostri senza esclusione di colpi, tranciando ali, corpi meccanici, schivando i raggi di un nugolo così grande di nemici da riuscire difficoltoso il solo distinguerli.
Perdono tempo, non potendoselo impedire.
Librata nel cielo, Minerva X guarda sotto di sé il missile che sembra sempre più lontano, sempre più irraggiungibile.
Altri mostri le si abbattono contro sfondando pezzi di corazza, incrinandone il corpo.


“Non ce la faremo mai”, mormora Maria.
“Dobbiamo portarla in alto per distruggerla… tu pensa a quei mostri, del missile me ne occupo io”


Amon afferra da sotto la testata, facendo ricorso a tutte le sue forze per sollevarla verso il cielo.
La sua forza, la sua immensa forza da demone, non basta. Amon, pur ritardando lo schianto del missile, si sente schiacciato in giù, del tutto impotente.
Sopra di lui, in una visuale sempre più annebbiata dallo sforzo, la sagoma di Minerva X che combatte si fa sempre più minuscola.


“Salvali – ringhia Amon, con la voce spaventosamente simile a quella di Akira – salvali… io… lascio tutto a te… ma tu…”
Il corpo del demone sembra gonfiarsi di una muscolatura nuova e più possente. Le scaglie chitinose che coprivano le sue gambe si spaccano per un’improvvisa fioritura incontrollata di peli nerissimi e setolosi. Gli artigli si allungano, la bocca si allarga ancora di più, conferendo al volto del mostro un aspetto ferino.
Amon è ora perfettamente simile a com’era quando, in un combattimento accaduto appena prima, ha perso totalmente il controllo.
Il missile, sotto la sua spinta, si alza lievemente. Ancora però non basta.


“MARIA! – urla Yumi al comunicatore – DIETRO DI TE!”


Un oggetto volante, velocissimo, vola verso Minerva X. Maria non fa nemmeno in tempo a prepararsi all’attacco che il puntino sul radar è già diventato qualcosa che le sfreccia accanto, superandola e puntando dritto sul missile.
I mostri Mikeros rimasti, non appena si accorgono della sua presenza, sparano all’unisono nella sua direzione.
Dall’oggetto volante, un urlo.


“OPEEEEEEEN GEEET!”


E il puntino sul radar si trasforma in tre puntini, che evitano con una serie di manovre calcolate al millimetro la pioggia di raggi.


Maria sgrana gli occhi, incredula.
“S-Squadra Getter?”





CHAAAANGE! GETTER ONE!!


Il misterioso robot rosso che l’Armata Mazinger ha incrociato sul suo cammino per tutto questo tempo, è davanti alla Fortezza, avvolto in un mantello scarlatto.


GETTER TOMAHAWK!


Le leggi della fisica non sembrano valere più: una scure si autocostruisce in pochi secondi dalla spalla del robot, il quale riparte a velocità ancor più sostenuta contro il missile. Per un attimo Maria è convinta che il Getter voglia ingaggiare un corpo a corpo con i mostri che hanno circondato il missile, poi – con sgomento – si accorge che non è affatto così.
In una mossa ai limiti del suicidio, il Getter si aggancia al missile piantandovi il Tomahawk, e iniziando a tirarlo verso l’alto. Gli sforzi congiunti suoi e di Amon riescono a trascinarlo a un’altezza sufficiente da poterlo distruggere con meno danni possibile.
Amon si allontana mentre il robot apre un piccolo foro nel suo torace, da cui brilla una sinistra luminescenza verde.
“GETTER BEAAAAAM!!!”


Mentre vede l’ordigno esplodere sopra di sé, Amon chiude gli occhi e si lascia cadere al suolo, in picchiata.


Il raggio verde di energia Getter, sembra quasi dissolvere la testata.





Il missile arriva sempre più forte, sempre più veloce.
Gaiking si libra in volo, a braccia incrociate, guardando la testata nucleare solcare il cielo.
“Sakon, mi ricevi? Bisogna che lanciamo un attacco combinato. Io sparerò un’Hydroblazer per far esplodere la testata finchè è ancora in alto. Dal Drago dovrete fare altrettanto”
Al microfono del Drago Spaziale solo la voce, distrutta e spezzata, di Sakon, che continua a balbettare in preda alla più totale incapacità di prendere una decisione, al più totale panico.
“N-non possiamo. Non possiamo farlo! Ci sono dei bambini laggiù!”
La voce di Yumi, al monitor, sepolcrale, pronuncia cose che non avrebbe mai voluto dire. “Quei bambini non hanno speranza, Sakon. I loro corpi sono fusi irrimediabilmente alle…”
“Dannazione! – lo interrompe il comandante del Drago – questa… questa è la punizione per quello che abbiamo fatto”
La testata inizia inesorabilmente ad abbassarsi verso il suo bersaglio. Presto, fin troppo presto, qualunque azione intrapresa per fermarla non servirà più a nulla.
Gaiking si volta solo una volta verso il Drago Spaziale. I suoi occhi, accesi e fiammeggianti, incrociano quelli spenti e morti del grande teschio sulla corazzata.
“Sakon?”
Dal microfono non si sente suono.
Poi, di nuovo la voce di Sakon. “Che Dio ci perdoni tutti”
Gaiking schizza in alto, mentre l’altro teschio di drago, quello sul suo petto, inizia a illuminarsi per il sovraccarico di energia che verrà rilasciata dall’Hydroblazer.
“Sono uno degli ultimi Dei rimasti sulla Terra, Sakon. Ti perdono”
Nella sua sala di controllo, Sakon resta senza fiato di fronte all’affermazione di Sanshiro, detta con una tale naturalezza.
Poi, schiaccia un bottone e urla in sincrono col pilota.





“HYDROBLAZER!”





“Che… che diavoleria è mai questa?”, mormora il Generale di Mikeros, mentre la luce si riflette nei suoi occhi sconvolti e increduli. Il suo stupore, però, diventa un urlo di dolore, quando la Double Harken di Grendizer trancia con un colpo preciso la testa da drago, trasformandola in una fontana zampillante di sangue.
Il Generale, per quanto terribilmente ferito, non riesce a darsi per vinto. Sfoderando gli artigli si lancia in una folle corsa contro l’avversario: consapevole di non poter uscire vivo dalla battaglia, decide di dare il tutto per tutto.
Gli artigli scavano un solco profondo nella piastra dell’Hanjuryoku Storm, facendola saltare in aria completamente. In un delirio di scariche elettriche che scorrono incontrollate dal suo petto, Daisuke tenta un altro affondo, ma il dolore subito gli impedisce di portarlo a segno. Due raggi a energia, sparati dagli occhi della faccia umana del Generale, costringono Grendizer a puntellarsi sull’alabarda per non crollare a terra.





Lo spirito Haniwa ricapovolge la situazione, colpendo Dreidow alla schiena e tenendolo fermo e urlante. Facendo appello a tutta la sua forza di volontà, mentre l’abitacolo del pilota sembra ridotto a una trappola mortale, Daisuke fa rialzare in piedi Grendizer. Trattenendo un urlo di dolore, con l’ultimo colpo di Double Harken, trancia esattamente a metà il busto del Generale, che spalanca gli occhi dalla sorpresa e dall’orrore della sconfitta.





Intanto Amaso apre la carena di Mikeros quel tanto che serve a lasciarsi cadere all’interno e ad attaccare i pochi mostri non ancora impiegati in battaglia. Il pavimento trema sotto i suoi artigli, per i violenti colpi di spada di Ikima, i raggi sparati da Mimashi e i continui sortilegi con cui Himika continua a vessare la nave. Per Amaso, tutto questo non ha importanza. In uno scenario di soldati che scappano impazziti al suo passaggio e di computer che esplodono da ogni parte, il ministro di Himika è animato esclusivamente da una feroce e assolutamente folle volontà di distruzione da cui nessuno, davvero nessuno, sembra in grado di distoglierlo.


Ridendo, si avventa contro qualunque cosa si muova, facendola a pezzi, e infierendo su ciò che non si può muovere più.





Il vortice di energia creato dalla spada di Mimashi colpisce contemporaneamente ai fulmini neri di Himika. Tutti gli Spiriti Haniwa disimpegnati dal combattimento stanno inoltre convergendo i loro attacchi su Mikeros.
A differenza del solito, la Fortezza dell’Impero Sotterraneo non può più fuggire.
Le facce che adornano la corazzata del Generale Nero, l’ombra nera che ha terrorizzato i cieli del Giappone e del mondo durante l’invasione dei mostri biomeccanici, si incrinano e si illuminano. La nave sembra raccogliere ogni grammo di energia rimasta.
Amaso (ritornato all’esterno della nave, dopo aver completato la sua opera di distruzione) e Ikima, feriti a spalla a spalla, sentono il terreno vibrare sotto i loro piedi.
Ikima spalanca gli occhi, conscio di quello che sta per succedere.
“Stanno raccogliendo energie per farsi esplodere contro la nave di Himika-Sama!”
Mikeros, infatti di lì a poco punta a una velocità estrema contro Yamata No Orochi.


Mimashi, sulla sua piattaforma, si frappone tra le due corazzate, raddoppiando il furore dei suoi attacchi, in modo da far esplodere quella nemica in volo. Ikima e Amaso si guardano con aria di sfida. Ikima è determinato a restare fino all’ultimo sulla superficie di Mikeros, in modo da continuare a danneggiarla e dar prova del suo maggiore coraggio e spirito di sacrificio. Amaso altrettanto.
Occhi contro occhi, continuano a distruggersi e a saggiare l’uno la determinazione dell’altro.
Mikeros continua implacabile ad avvicinarsi, sotto i colpi sempre più disperati di Mimashi, mentre Yamata No Orochi inizia una manovra di disingaggio.
Fino all’ultimo, i due ministri si fronteggiano moralmente, coperti dal fumo nero dei motori in avaria di Mikeros. Poi Amaso salta sulla piattaforma, unendo i suoi colpi a quelli di Mimashi.


Una violentissima deflagrazione provoca un massiccio spostamento d’aria, che fa finire lontano di parecchi metri più in là la piattaforma dei ministri. Aggrappata ad essa, coperto di sangue, Ikima resta aggrappato nel vuoto.
Per un momento, la tentazione di Mimashi e Amaso di uccidere un pericoloso rivale è fin troppo allettante. Poi, Mimashi è il primo a rinfoderare le armi, pur non facendo nulla per aiutare l’altro ministro a risalire.
Questo non è un giorno di pugnalate alle spalle. L’impero Jamatai non poteva sperare in una vittoria più inaspettata e radiosa.


Dopo anni, la Fortezza Mikeros è caduta, insieme al Generale Dreidow.





Non è ancora finita. Nel fumo dell’esplosione e tra le urla delle vittime, una sagoma calpesta ciò che rimane dei missili.
Amon.
È molto diverso dalla creatura che i nostri hanno visto la prima volta. Scarlatto, con ispidi peli neri che gli coprono le gambe e il pube, la muscolatura più possente, Amon sembra aver perso la labile parte umana che aveva contraddistinto il suo essere Devilman. Un ghigno mostruoso gli allarga la bocca. Una follia animalesca sembra invadere il suo sguardo.
Il suo sguardo che si posa su Minerva X.


“Silen…”


La guarda come fosse la prima volta, con uno strano miscuglio di rabbia e preoccupazione.
“DOVE TI HANNO RINCHIUSO? SILEEEEN!!”
Prima che Maria possa fare qualunque cosa, gli artigli del demone le sono sopra. I collegamenti neurali alla base del sistema di pilotaggio del robot, le comunicano tutto il dolore di Minerva, riversandolo bollente sul proprio sistema nervoso.
E non solo dolore. Anche rabbia. Odio. Odio verso la sua pilota.
Dentro il suo vano di pilotaggio, Maria non può fare a meno di urlare di dolore, mentre i cavi che la tengono ferma nella sua imbracatura sembrano stringersi progressivamente, fino a ferirla.
“Minerva! Cosa ti sta succedendo?”
Nulla. La stessa sensazione provata nel volo con il demone, la sensazione che Maria non riesce in alcun modo ad accettare. Che Minerva la stia escludendo.
Una nuova fitta di dolore fa strillare la telepate. Amon strappa in maniera febbrile il rivestimento di Lega Z del robot. Dentro vi trova solo circuiti, collegamenti, meccanismi.
“DOVE SEI?”
Come un essere umano, le gambe di Minerva si irrigidiscono, in preda a uno spasmo che è, forse, la ripercussione di quello di Maria stessa.
“DOVE TI HANNO RINCHIUSA?”
Attraverso le reti sinaptiche che collegano i suoi occhi a quelli di Minerva, Maria non riesce a vedere altro che il muso bestiale di Amon sul suo, scosso dalla violenza ma anche dal… panico?
“SILEN!!!”, urla l’ultima volta il demone, prima di scoperchiare anche il torace del robot, lasciando esposta Maria nella sua imbracatura.
La pilotessa alza debolmente lo sguardo, distrutta dalla sofferenza continua.
Gli occhi di Amon si spalancano.
Poi, stremato, il suo corpo cade su quello del robot, rimpicciolendosi fino a riprendere dimensioni e forma umana.
Maria riesce a tirare un breve respiro, un rantolo, prima di perdere coscienza a sua volta.





“I miei complimenti, Principe”
La voce di Himika risuona, sottile e penetrante, tra le macerie del campo di battaglia. Grendizer campeggia sul cadavere del Generale Dreidow, la Double Harken ancora stretta tra le mani. Daisuke è ai piedi del suo robot, a esaminare freddamente i resti della Fortezza Mikeros, sparsi e distrutti sul terreno. Nessuna espressione traspare sul suo volto.
Chiunque tra i suoi vecchi commilitoni dell’Armata avrebbe gioito nel vedere caduta la più temuta tra le ammiraglie dell’esercito del Generale Nero. Chiunque vi leggerebbe un buon presagio di battaglia, un buon presagio per quello scontro che è sempre più inesorabilmente vicino.
Duke Fleed, pilota di Grendizer e Principe Jamatai si limita a osservare, il casco sempre calato sul volto. Flora lo studia di sfuggita, cercando di carpirne una qualunque reazione.
Daisuke si volta solo verso Himika, quando ne sente la voce.
“Mi auguro che quella non fosse ironia”
“Tutt’altro – replica la Regina, che però mantiene il solito sorriso ambiguo sul volto pallidissimo – Non è cosa da tutti i giorni abbattere un Generale di Mikeros”
“Sono stanco dei tuoi giochi. Da tempo prometti risposte. Ora è tempo di darmele”


Himika annuisce, facendosi più vicina a Duke Fleed.
“Le avrai”
“Ora, Himika”
“Le avrai ora”
Solo in quel momento, Daisuke si accorge di essere completamente circondato dai suoi soldati. Perfino Flora è distante da lui, cosa che non è finora mai successa. I tre ministri di Himika sono solo un po’ più all’interno dello strano cerchio che hanno formato gli altri.
Daisuke si guarda intorno.
Nella sua mente, il pensiero che possa essere arrivata la fine della sua vita, non gli fa calare la maschera fredda che ormai ha sostituito il suo volto.
Himika si avvicina.
Dolcemente, gli apre la visiera del casco. Poi, prima che Daisuke possa dire qualcosa, le labbra della Regina si poggiano sulle sue.
E quando la lingua di Himika si poggia sulla sua, Daisuke sente una sorta di piccolo nucleo di energia passato dalla bocca di lei, dentro la propria.





Da un’altra parte della Corea, un missile inesploso solleva una nuvola immensa di polvere.
Il paesaggio sembra spogliato da qualunque segno di vita. Immobile. Silenzioso.
Nella polvere due occhi si accendono. Un rumore metallico precede l’intravedersi di una figura gigantesca, che si allontana di poco e poi rivolge lo sguardo alla testata, indenne.


“Hiroshi?”, ripete la voce di Miwa, al comunicatore.
Jeeg rimane per qualche momento in silenzio. Quante erano le possibilità di restare vivo in una situazione simile? Due? Tre?
“… Sto bene, Micci”, la rassicura Hiroshi, con la voce assente.


Una voce risuona nelle sue orecchie.
La voce del padre.


Immortale…

venerdì, settembre 28, 2007

41: Dottor Satanikus!




I due robot sono sospesi in aria, a fronteggiarsi.
Le nuvole nere che circondano il Kyushu, il sapore di tempesta che si avvicina… tutta la tenebra che si stringe attorno ai due giganti di metallo, rende più cupe ancora le loro sagome.
Per Daisuke è passato molto tempo, dalla battaglia contro Yuri Caesar a Berlino. Da quando ha scelto di diventare sovrano dell’Impero Jamatai, sotto la guida della Regina Himika. Dal suo folle tentativo di salvare Hikaru da un conflitto sanguinoso, forse il più vero motore del suo “tradimento”. Troppo tempo da quando ha dovuto pagare un prezzo terribile per questo gesto. L’anima.
Per Tetsuya, è passato invece ben poco da quando Duke Fleed, frutto della fusione tra lui e Maria, li ha aiutati nel loro delirante viaggio nel futuro. Malgrado i pensieri degli altri dell’Armata, Tetsuya non ha mai perso la fiducia nel pilota del Grendizer.
Per questo, la voce bassa e incupita che esce dall’Ufo Robot non lo impressiona: è pur sempre più umana di quella che ha sentito dalle sue labbra nel futuro.
“Avevo detto che ci saremmo rivisti durante lo scontro con il Generale Nero. Prima di allora, non abbiamo nulla da dirci”, esordisce freddamente.
“Dimmi… è Flora, quella vicino a te? La tua guardia del corpo?”
La donna, sopra il suo Spirito Haniwa, contrae il bellissimo volto in una smorfia di rabbia.
“COME FAI A SAPERE IL MIO NOME?”
Imperturbabile, Tetsuya si rivolge ancora a Daisuke. “Avete cominciato una guerra con Mikeros… e forse sia Mikeros che l’Impero Jamatai finiranno per confluire dentro il tuo regno sotterraneo, Fleed. So molte altre cose, Daisuke. Ho visto ciò che diventerai e ciò che diventeremo tutti noi”





Per un lungo momento, dal Grendizer non arriva nessuna voce, nessun suono.
Poi: “Che cosa vuoi, qui, Tetsuya?”
“Parlare. Parlare con te. Avrai visto anche tu quella strana eruzione nel Fuji, ma forse non sai cosa significa. I Vegan stanno arrivando e l’Armata Mazinger ha bisogno di tutti i suoi componenti, te compreso”
Prima che Daisuke possa replicare, la voce di Himika risuona potente nella sua testa.


PRINCIPE! SIAMO SOTTO ATTACCO!


Le stesse parole vengono ripetute immediatamente da Flora. Grendizer alza l’enorme testa verso il cielo nero e soffocato dalle nuvole. Quando il Great Mazinger rivolge lo sguardo nella stessa direzione, la mano di Tetsuya scatta verso il comando per estrarre la Mazinger Blade.
Le nubi si squarciano. Nel piccolo stralcio di cielo, uno stormo di mostri Mikeros esce allo scoperto.





Il cielo della Corea si oscura di mostri volanti Mikeros, della forma di orribili rapaci con grandi cannoni a energia innestati sulla schiena.
Le comunicazioni si rimpallano febbrili tra la Fortezza delle Scienze e il Drago Spaziale, cercando disperatamente di contattare, senza successo, anche Tetsuya sul Great Mazinger.
La voce di Yumi risuona su tutti gli altri comunicatori dei piloti principali, qualunque sia l’attuale postazione dei riceventi.


“E’ un’offensiva totale! Mikeros crede che siate esplosi insieme ad Angoras, e ne sta approfittando per un attacco in forze su più fronti!”


Dianan A, Venus Alfa, Gaiking e altri caccia da guerra vengono approntati immediatamente sul ponte della Fortezza delle Scienze.



Poco prima del loro decollo, qualcosa di incredibilmente veloce saetta tra i nemici. Le sue ali membranose si spalancano in cielo, rendendolo qualcosa di simile a un grosso e temibile mostro simile a quelli nemici.
Si libra fin verso il comandante delle truppe nemiche, il mostro volante Phoenix d’Oro.
Rimangono fermi, a fronteggiarsi.
Le labbra del demone si torcono in un ghigno, vedendo l’espressione di stupore sul volto quasi umano dell’avversario.
“Vediamo chi è più forte… noi o voi giocattoli costruiti dall’uomo”, sussurra Amon.
“Giocattoli costruiti dall’uomo? Noi siamo l’Impero di Mikeros. Esistiamo da molto tempo prima di chi ha usurpato questa terra!”
“Non sapete niente. Ma poco importa. Morirete tutti, oggi. Per mano del diavolo”
“Non ci importa di quello che sei. Sarai solo uno dei tanti alleati degli umani che il nostro Impero porterà, con loro, all’estinzione”
Il diavolo scoppia in una risata, che risuona per tutto il rigido silenzio che precede la battaglia.
“Estinzione, eh?”





Il braccio, prima che qualcuno possa dire qualunque cosa, affonda nella faccia del mostro di Mikeros, sfondandola di netto.
La lingua del demone lecca gli schizzi di sangue che gli sono stati spruzzati sulla faccia, e alza lo sguardo verso gli altri.
Un silenzio atterrito scorre palpabile tra i soldati di Mikeros, privati immediatamente del loro capo.
“UCCIDIAMOLO!”, urla uno di loro e, subito, tutti quanti sciamano impazziti sul demone.





BREAST BURN!
Gli spettrali mostri di Mikeros, simili in tutto e per tutto a delle mummie armate di falci, si gettano sopra il Great Mazinger, venendo investite in pieno dall’inferno di fuoco fuoriuscito dalla sua piastra.
Le bende di alcuni di loro iniziano impietosamente a prendere fuoco, mentre altre scattano verso il robot nel tentativo di immobilizzarlo. Con una manovra di grande destrezza, Tetsuya riesce a districarsi tra di esse, continuando a tranciarne con la Mazinger Blade al solo scopo di liberare la propria visuale.
I mostri gli si fanno più vicino, facendo cozzare lama contro lama, in un’esplosione di scintille.
Il Great, sempre facendo attenzione a non farsi catturare, spinge indietro i suoi assalitori e poi alza l’indice al cielo, richiamando vene di elettricità nelle nuvole scure che lo circondano.
“THUNDER….”





“…BREAKER!!”, urla intanto Minerva X, in Corea, sprigionando una scarica elettrica che fonde i circuiti dei mostri Mikeros – ultime truppe di Yuri Caesar – arrivate a invadere i territori controllati dal Drago Spaziale.
Ancora in fiamme, uno di essi, con un braccio sostituito quasi totalmente da una sciabola, si getta per colpire il robot femminile prima di esplodere fragorosamente al suolo.


Poco lontano, Jeeg compie un balzo per evitare le incessanti scariche di missili che vengono sparate da altri avversari, che sembrano circondarlo da ogni lato. I Delta Beam avvolgono alcuni nemici immobilizzandoli e dando tempo al Robot d’Acciaio di affrontare i propri avversari quasi uno alla volta.
Il Drago Spaziale, nel frattempo, schiera tutti i suoi robot: il Buzzolar, lo Skylar e perfino il Nessack – che pur combattendo meglio in ambienti acquatici, può comunque fare la differenza, in un momento tanto disperato – e, ovviamente, i robot della resistenza americana.





Quello che sembra il comandante delle truppe nemiche, Dorica, un colosso con una morning star impiantata nel cranio, si lancia contro Minerva. L’arpia, a sua volta gli vola contro, facendo luccicare gli artigli, tesi e pronti a colpire.
Un secco scatto. Un urlo di dolore. La mazza ferrata del comandante cade a terra, tranciata a metà.


In disparte, Rigarn e il suo esercito osservano silenziosamente la scena senza intervenire.


Amon atterra sul primo dei nemici, assestandogli una serie di artigliate che ne squarciano completamente il torso. Poco prima che il mostro stia per esplodere, con un possente salto balza addosso a un altro strappandogli con un unico colpo la faccia di netto. Di nuovo, apre le ali e plana su un terzo, evitando senza la minima difficoltà un colpo di cannone. Piantandogli ben stretti gli artigli tra le spalle, fa leva sufficiente per aprirlo in due.


Tutto questo accade nella frazione di un secondo, il tempo con cui un robot qualunque dell’Armata non avrebbe nemmeno finito un combattimento.





Agghiacciante, la risata di Amon, pervaso dalla gioia di mutilare e uccidere i suoi nemici, rimbomba rafforzata dalle loro urla di morte.


Gaiking si lancia a sua volta all’attacco.
Un mostro sembra sganciarsi dallo stormo per puntare dritto proprio contro di lui.





La Double Harken si scontra contro la falce del comandante Drayato delle forze di invasione di Mikeros nel Kyushu.
Lo Space Thunder che Grendizer scarica addosso al mostro, si abbatte fin troppo vicino al suo avversario, ma non abbastanza da colpirlo. La falce di Drayato si abbatte sul torso del robot, non arrivando in profondità, ma lasciando un ampio squarcio.
Mentre il Great Mazinger, nei cieli sopra di loro, finisce di sbarazzarsi dei suoi avversari, Grendizer e il suo nemico sono impegnati in una lotta senza esclusione di colpi. L’alabarda del robot di Daisuke, viene immancabilmente parata dal mostro di Mikeros, che lo sbilancia e lo fa cadere per terra.
Quando il comandante sta per infilzare con la falce l’Ufo Robot, Grendizer spara nella sua direzione uno Screw Smasher Punch, ammaccandone l’armatura e trovando il tempo necessario per alzarsi in piedi. Flora, circondata a sua volta dai mostri, non riesce a intervenire in aiuto del Principe e combatte con una furia raddoppiata per liberarsi dei suoi avversari.
Di nuovo, la falce di Drayato colpisce a vuoto, e un altro colpo dell’alabarda di Duke è bloccato dall’arma dell’avversario.
I due si guardano negli occhi, spingendo ognuno dalla parte del proprio nemico per sbilanciarlo.
Proprio mentre il Great si unisce alla battaglia, Grendizer – con un colpo disperato – riesce ad avere la meglio e piantare un colpo decisivo di Double Harken nel petto del comandante Mikeros.


Proprio mentre il fronte a Berlino ha un attimo di respiro, Minerva fa per avvicinarsi a Rigarn. Un colpo, sparato contro uno dei suoi mostri, la blocca.
“CHI E’ STATO?”, urla Jeeg, girandosi di scatto.
Lo Stilvas di Schwartz, con il fucile fumante la fissa senza abbassare lo sguardo.Lui e il suo esercito di americani formano un’unica linea, decisamente contrapposta al Drago Spaziale.





“Basta mostri. Basta patti coi mostri”, mormora il maggiore, con una voce bassa e tesa.


“Che diavolo sta succedendo?”, ruggisce Hiroshi, ancora carico di furore dalla battaglia appena sostenuta.
Maria lo sa benissimo cosa sta succedendo. Minerva e lo Stilvas si fronteggiano, guardandosi negli occhi intagliati nell’acciaio dei loro volti.
“Non è il momento, maggiore. Mikeros sta per lanciare un altro attacco. Presto arriveranno i rinforzi”
“Forse non ci vedi bene. Mikeros è già qui”, replica l’altro volgendo lo sguardo verso Rigarn che osserva imperturbabile la scena, trattenendo i suoi dal rispondere all’attacco.
La voce di Masai, che annuncia con apprensione un altro plotone di mostri Mikeros in avvicinamento, non sembra scuotere nessuno dei due.
Con un passo sempre più bestiale, Jeeg si trascina davanti a Schwartz. “Cosa stai cercando di fare?”
“Siamo stanchi di voi. Siamo stanchi di presunti esseri umani che passano dalla parte dei mostri. Di presunti esseri umani che ospitano mostri. O anche di mostri come voi che pretendono di dirci cosa dobbiamo o non dobbiamo fare”
“Quindi alla fine siamo arrivati a questo”, replica freddamente Maria.


Senza molti complimenti, lo Stilvas apre il fuoco su Jeeg, proprio mentre quest’ultimo gli salta addosso.
Nello stesso momento, gli altri americani iniziano ad attaccare i robot del Drago Spaziale e i mostri di Rigarn.
I rinforzi del Maresciallo Inferno iniziano a intravedersi nel cielo tinto di sangue.





“Padre? Sei tu?”


Sanshiro sente ogni cosa lo circondi dissolversi nel lungo orrore di quel momento.


L’immagine del Generale Nero che smembra sua madre.
L’immagine di lui e dei suoi compagni del Drago Spaziale che decidono di voltare le spalle a Mikeros.
L’immagine di quando, invece, hanno prestato le armi all’Impero dei mostri, pur di avere una possibilità di riabbracciare i propri cari.


E adesso, tutto ciò per cui si è venduto l’anima, la speranza di vedere suo padre, il suo unico parente rimasto, è lì davanti a lui, fuso a un mostro di Mikeros.


PADRE!!!


Suo padre non risponde. Mentre il corpo meccanico del mostro attacca, quella parte che un tempo è stata umana, piange di terrore e pazzia.
Allora, Sanshiro capisce fino a che punto arrivi il sadismo dei maledetti invasori di Mikeros.
Questo è il tocco finale di malvagità impresso dal Maresciallo Inferno alla sua opera: mentre di solito la parte “organica” di un mostro Mikeros non ha altra coscienza che quella dell’orrido ibrido in cui si è trasformato, il padre di Sanshiro si rende conto benissimo di ciò che il suo corpo meccanico sta facendo. E ne prova repulsione.
Amon, vedendo il robot di Sanshiro fermarsi impietrito, scatta all’attacco.
“NO!”, ringhia Gaiking, inchiodando il demone coi suoi occhi fiammeggianti.
Poi, la sua rabbia inizia a crescere…





Lo Stilvas si piega, il braccio amputato, la gamba strappata, ai piedi di Jeeg, sempre più incurvato su se stesso e sempre più vicino a uccidere l’alleato di un tempo.
Uno dei robot americani, un trasformabile dalla forma di elicottero Apache, spara addosso a Minerva una scarica di mitra, mentre un altro, più simile a una figura femminile con due lame al posto delle braccia spicca un lungo salto per accoltellarla.
I mostri del Maresciallo, intanto, sono arrivati a dare manforte a quelli caduti. Un colossale gigante abbigliato come un gladiatore romano, si lancia a sua volta sull’arpia meccanica.


Maria stringe i denti, trattenendo a stento un’imprecazione e cercando di concentrare i suoi attacchi prima di tutto sui mostri. La scarica di mitra si frappone tra lei e il gladiatore, separandoli.
“BREAST INFERNO!”
Dalle placche termiche, il raggio colpisce il gigante che si piega su se stesso dal dolore, lanciando disperatamente il suo tridente contro l’avversario. Minerva riesce a scartare il colpo e vola verso l’Apache americano, staccandogli di netto la testa e facendo tuttavia attenzione a non ucciderne il pilota.


Jeeg ha molte meno premure. Spostandosi in tempo dall’incedere del pesante ma lento robot di Lambert (un trasformabile di proporzioni enormi, a forma di schiacciasassi antropomorfa). Spicca un salto verso lo Stilvas di Schwartz.


“DELTA BEAAAAM!”


Di nuovo, i raggi fuoriusciti dal suo petto sembrano farsi solidi e avvolgono in una ragnatela luminosa il corpo del robot di Lambert.
Lo Stilvas spara un altro colpo del suo fucile di energia, mancando Jeeg. La risposta di Hiroshi è in un violento Knuckle Bomber, che fa schiantare il robot del maggiore contro un cumulo di macerie.
Con rabbia, lo Stilvas si rialza in piedi, una luce omicida nello sguardo del robot e del pilota.


Jeeg, quasi completamente illeso, scoppia in una risata crudele.
“Ora ti ammazzo”, risuona la sua voce roca e divertita.


Un vano si apre nel corpo del robot di Schwartz, da cui le mani dello Stilvas estraggono un coltello.
I due si guardano per qualche attimo.
In un unico urlo di battaglia, si lanciano l’uno contro l’altro.





Un getto di missili, sparato dall’occhio del gladiatore incrina l’armatura di Minerva. Un colpo di tridente affonda nelle sue carni di acciaio, rilasciando una miriade di crepe sanguinanti. Il robot americano rimasto si lancia su Maria, palesemente in difficoltà, cercando di affondare una lama.
“Maledetto idiota! Non vedi che c’è un mostro da combattere?”, urla Minerva.
Un’esaltata voce femminile risponde, amplificata dai microfoni del robot. “Io ne vedo due”
Minerva si lancia in alto, sopra di loro. “ORA BASTA!”
Energia elettrica inizia ad accumularsi sul suo capo.
“THUNDER BREAKER!!!!”
Il fulmine che scaturisce dalle antenne di Minerva, annienta il mostro di Mikeros e danneggia in maniera gravissima il robot americano. Accertandosi che la sua pilotessa sia ancora viva, Maria si lancia verso gli altri nemici, resa ancor più furiosa dalla perdita di prospettive su chi siano gli amici e i nemici.


Jeeg sprigiona di nuovo un’intensa tempesta elettromagnetica per ostacolare i movimenti dello Stilvas e del robot di Lambert. Mentre il secondo si blocca definitivamente, immobilizzato ancora dai Delta Beam, l’altro continua ad avanzare, colpendo con il suo pugnale il petto di Jeeg. Per tutta risposta, il robot di Hiroshi lo stringe in una morsa estremamente letale, distruggendone gran parte.
Non contento, strappa il cockpit del pilota, minacciando di schiacciarlo.


Il combattimento si blocca.
“Ora possiamo finirla, vero?”
“RIDACCELO INDIETRO”, urla Lambert.
Di nuovo, la risata rauca di Hiroshi. “Dimmi, per favore Jeeg”
“Ri-ridaccelo e ce ne andiamo. Ce ne andiamo per sempre”
“… per favore, Jeeg”
Lambert e gli altri americani restano in un silenzio carico di rabbia.
La mano di Jeeg si stringe un po’ di più sul cockpit di Schwartz.
Maria guarda Hiroshi, e per un momento non le sembra troppo differente da Amon.
“Non è difficile… su…”, continua irridente il pilota.
Poi poggia il cockpit a terra, lontano. “Andatevene. Siete patetici”


L’equipaggio del Drago Spaziale, solo pochi minuti dopo, vede quello americano volarsene via, presumibilmente di ritorno negli Stati Uniti. Per quanto Jeeg insistesse perché non gli venissero restituiti i robot, alla fine è stata la decisione di Masai a prevalere.
Con un brivido, rendendosi conto che la frattura appena creata non potrà risanarsi più, Maria e Hiroshi si chiedono se parte di quel terribile futuro, che hanno vissuto in anticipo, non stia diventando già presente.





“FAAAAACE OPEEEEN!”, urla Sanshiro.


Una fiammata cupa copre completamente il corpo di Gaiking. Le placche di acciaio che formano la sua faccia si spalancano, staccandosi.
A centinaia di metri di altitudine, la cabina di pilotaggio è completamente esposta e all’aperto. Seduto al suo posto, Sanshiro Tsuwabuki urla fino a che la voce non gli esce graffiata dalla gola. Non urla parole, frasi. E’ un grido animalesco, che sembra alimentare ancora di più la fiamma che lo avvolge.
Il Gaiking inarca la schiena. Intorno a lui, anche gli altri piloti finiscono per urlare aggiungendosi a quel coro di furia, rendendo in qualche strano, oscuro modo, ancora più vivido quel fuoco di morte che sembra ora propagarsi da ogni parte del corpo del robot e del suo pilota.


La sua umanità, tutto quel che ne rimane, brucia a sua volta nel rogo.


Il padre di Sanshiro, fuso al mostro, grida a sua volta, di paura e di rabbia, fino a che le stesse vene gli sporgono in rilievo sul collo e sulla testa.


Amon spalanca atterrito gli occhi, dimenticandosi per un istante dei pochi nemici ancora intorno a sé. Si stringe tra le mani la testa. La presenza di Akira, la parte di umana fusa al suo corpo demoniaco, sembra vacillare.
Le ali di Amon si allargano, si fanno più sgraziate. La tonalità della sua pelle si fa di un rosso incupito. Una fitta peluria sembra sporgere dalle piastre chitinose sulle sue gambe, fino a coprirle del tutto.
Sbavando di rabbia si lancia contro uno dei mostri.


“VIA IL METALLO!”, ringhia strappandogli il rivestimento dell’armatura.


“VIA L’UOMO!”
La sua mano artigliata sprofonda nella faccia umana fusa nel corpo del mostro di Mikeros, estraendola con una risata crudele.


“VIA IL DEMONE!”
Le sue mani aprono in due il corpo martoriato del mostro, senza che questi possa fare nulla per reagire. Poi, il mostruoso demone si lancia contro chiunque gli capiti a tiro, mentre lotta con tutte le sue forze per ricacciare la nuova forma che il suo corpo sta assumendo e ritornare alla vecchia.


Per qualche forza inspiegabile, tutti i robot di stanza alla Fortezza delle Scienze, cominciano a combattere con una ferocia centuplicata, lanciandosi contro i propri opponenti in una carica terrificante.


Tutto questo sembra alimentare maggiormente le fiamme di Gaiking.
Quando giungono al culmine, la voce di Sanshiro sovrasta quella di ogni latra creatura nei paraggi.


“HYDROBLAZEEEEEEEER!!!”


Gli occhi dello scheletrico drago sul petto di Gaiking si accendono di una luce molto più sinistra del solito, rispetto a quando ha usato la sua terribile arma.
Le fauci si spalancano.
Un ruggito accompagna un getto di energia dalla potenza immensa, che illumina tutto lo scenario di morte che si sta consumando attorno al robot.
Continuando a urlare di rabbia, con gli occhi coperti di lacrime, Sanshiro vede ciò che un tempo era suo padre venire sommerso dal raggio accecante.


Proprio mentre Amon si lancia contro un altro mostro, un potente colpo di energia lo spinge alcuni metri più lontano, facendolo urlare di dolore.
Girandosi, vede affiorare dall’acqua un imponente sottomarino, con uno dei cannoni ancora rosso per l’enorme calore sprigionato.
La voce di Yumi raggiunge immediatamente tutti i piloti in grado di sentirlo.


“Fate attenzione. Il Gran Maresciallo Inferno ha deciso di utilizzare nuovamente la fortezza sottomarina Budo”


Animati dallo stesso, identico impeto distruttivo, sia Gaiking che Amon volano ad altissima velocità contro la base del Maresciallo Inferno. Alcuni raggi di energia rallentano la folle corsa di entrambi, specialmente del devilman, privo di una corazza in grado di assorbirli.


“SOUTHERN CROSS!”
La croce sulla gamba di Gaiking si staccano, trasformandosi in una rozza arma corpo a corpo. In un cielo sovrastato dalle esplosioni, i due demoni – quello in carne e ossa e quello meccanico – riprendono la loro devastante corsa di morte.





La torreggiante sagoma nera di Rigarn osserva silenziosa Minerva X. Dietro di lui, sono assiepati i suoi bestiali soldati, con le zanne snudate, in attesa di sbranare altra carne nemica.


Minerva si volta verso Jeeg. “Non seguirmi. Non so come possano reagire”.
Senza troppa convinzione, il robot magnetico, dalla sagoma ancora ingobbita e contorta, si sposta con passi pesanti presso il Drago Spaziale.


“Maria, siamo pronti a fare fuoco al minimo segno di ostilità”, comunica Masai dal Dyon Gamma, con un tono sempre più teso.
“Bene”, è la secca risposta della ragazza.


Con un volo brevissimo, l’arpia si porta davanti al Generale di Mikeros. I due si guardano, per lunghi attimi. È Rigarn a spezzare il silenzio.
La sua voce roca, cavernosa, rimbomba per tutta la piana dello scontro. Tuttavia, le sue parole sembrano per Maria e lei sola.
“Il Fuji ha eruttato una strana energia verde, tempo fa. Una luce”
Minerva X annuisce.
“Quando è successo, ho iniziato a ricordare cose. Stralci che avevo dimenticato. Stralci di cose che non sono ancora accadute”
“Qualunque cosa tu abbia visto – lo interrompe Maria – Posso garantirti che era tutto vero. Le visioni di noi che parlavamo. Il tuo passato. Hai ragione quando dici che tutto deve ancora accadere ma… in un qualche strano modo è già accaduto”
Rigarn studia in silenzio il robot davanti a lui, come se in quei ciechi occhi animati da una perenne furia distruttrice cercasse la verità nelle parole di Maria.
“Torneremo sottoterra. Cesseremo le ostilità con voi esseri umani e riemergeremo quando verrà il momento di combattere con gli alieni di Vega. Che sia vero o no quello che ho visto, siamo comunque terrestri. Prima sistemeremo i nostri comuni nemici, prima potremo stabilire a chi appartiene di diritto questo pianeta. Ma non vi aiuteremo nel vostro scontro col Generale Nero: già una volta l’abbiamo tradito e pagato lo scotto del nostro tradimento vedendo il maledetto usurpatore, il Maresciallo Inferno, al suo posto”
“Il Maresciallo Inferno comanda le truppe di Mikeros, adesso?”, chiede sbigottita Maria. Un brivido le scende lungo la spina dorsale, alla consapevolezza che il loro duello con il Generale Nero potrebbe non risolvere nulla, a differenza di quanto sperava ogni appartenente all’Armata.
Il robot fa un passo verso il Generale. “Mi sembra ragionevole. Ma so benissimo che una resa viene trattata… quindi, cosa vuoi in cambio?”
Il volto bestiale di Rigarn si torce in un ghigno, parodiando lo stesso sorriso nella faccia umana, in mezzo al petto. “Te. Vogliamo che tu venga noi. Che ci prepari alla guerra contro Vega. Che scenda insieme a noi nelle tenebre”
Un sorriso amaro, sulle labbra di Maria, si riflette appena negli occhi di Minerva. “Non credo di essere la persona più adatta per prepararvi ai Vegan”
“Le condizioni sono queste”, replica Rigarn come se questo ponesse fine a ogni discussione.


Il volto di Minerva X resta chino ancora per un istante, prima di alzarsi e fronteggiare lo sguardo del Generale di Mikeros.
“Se sopravviveremo allo scontro con il Generale Nero, avrai la mia risposta. Potremmo essere uccisi tutti, e sarebbe inutile farti promesse prima di allora”
Il muso leonino di Rigarn si protende verso Minerva. “E’ un discorso sensato. Lui potrebbe uccidervi tutti, uno a uno. Se così non sarà, parleremo ancora”
Senza attendere risposta, fa cenno ai suoi.
E Maria, col cuore in gola, vede l’orda di mostri allontanarsi.





Sotto i violentissimi colpi di Gaiking, la Fortezza Budo è costretta a una rapidissima immersione e a una pronta ritirata. Per quanto il robot di Sanshiro continui a percuotere lo scudo di energia che la base sottomarina ha eretto attorno a sé, iniziando a incrinarlo, la nave riesce miracolosamente a immergersi e a trovare una rapida via di fughe tra le acque della Corea.


Amon, con gli occhi ancora allucinati dalla scarica di rabbia a cui il robot di Sanshiro sembra averlo costretto, ansima nel tentativo di riprendere il controllo di sé. Lentamente, le sue sembianze tornano a essere quelle violacee con cui l’Armata l’ha conosciuto.


“Non… farlo… più”, ansima Amon a Gaiking, proprio mentre Jeeg e Minerva stanno tornando alla base, solcando i cieli proprio sopra di loro. Jeeg si lascia cadere sul campo di battaglia, camminando nervosamente tra i morti.
Sanshiro, già duramente provato, fronteggia il demone, fissandolo. Negli occhi di entrambi, una malcelata curiosità, mista al rispetto.





Gli artigli di Amon si tendono verso uno dei cadaveri dei nemici, per divorarlo con furia animalesca. Eppure, quando il demone sceglie la vittima di cui cibarsi, si accorge di non essere solo. Anche Jeeg, appena sceso poco lontano da lui, sta masticando con le sue fauci di ferro la stessa preda raccolta tra i caduti. Gli occhi sono ancora pieni della furia provata nel combattere contro lo Stilvas di Schwartz.
Come due animali, Jeeg e Amon si girano attorno, fissandosi attorno al cadavere del mostro che entrambi hanno scelto come pasto. È uno sguardo molto diverso da quello che si sono mandati Amon e Gaiking: questo gioco di occhiate prelude a una lotta primordiale tra predatori, a stabilire la propria sopravvivenza.
Jeeg, con le mascelle metalliche socchiuse e gli occhi cerchiati di rabbia, avanza verso Amon. Il demone reagisce con un ringhio sommesso, restando dov’è.
Jeeg avanza di un altro passo, il corpo inarcato in avanti, lo sguardo allucinato negli occhi metallici.
Gli artigli di Amon graffiano il terreno, mentre anche il suo corpo si inarca, coi muscoli che guizzano in un fascio nervoso sulla schiena.
Si guardano, predatore contro predatore.
Jeeg avanza ancora.
E Amon, senza rendersene conto, fa un passo indietro e abbassa lo sguardo.


Gli occhi del demone si spalancano, quando capisce cos’è successo. Prima che Jeeg possa fare qualunque cosa, gli salta addosso con una velocità e un’aggressività che nulla hanno a che vedere con quella dimostrata prima. Tre colpi, di una rapidità innaturale, incrinano la corazza di Jeeg, fino a compromettere il suo campo magnetico e a far cadere i componenti per terra inerti.
Solo allora, anche Amon si ritrasforma in Akira Fudo, perdendo completamente i sensi.


Tutti i robot dell’Armata Mazinger tornano ai loro hangar. Maria, guardando il suo stesso schieramento si rende conto, ancora una volta, dell’assenza di Boss Borot, già constatata fin dall’inizio dell’arrivo in Corea.
Già… dov’è Boss?


FLASHBACK! Fortezza delle Scienze, poco prima della partenza da Berlino…


“Benvenuto, tenente Masaki Goda”, dice Yumi, non appena il militare entra nella Sala di Controllo.


Goda fa un sorriso amareggiato. “Direttore, non sono più tenente da molto”.
Ancora pesano i gradi strappati per aver capeggiato la rivolta dei soldati della Fortezza, ormai in un tempo che sembra lontanissimo.


Yumi fa un sorriso. “Si sbaglia. Lei è stato appena reintegrato. Per il coraggio dimostrato nell’irruzione delle Gamia Q3 di Blocken, e per aver messo a repentaglio la sua vita per salvare alcuni civili della Base”
Gli occhi di Goda si spalancano. Ma prima ancora che il militare inizi a ringraziarlo, Yumi arriva subito al punto.
“Il suo primo compito, tenente, sarà guidare una squadra di infiltrazione. Alcune informazioni raccolte in una base della Human Alliance a Londra potrebbero essere molto utili all’Armata Mazinger. Stiamo cercando di capire la natura stessa dei robot che compongono la nostra Armata, e il loro scopo originario, oltre a quella degli esperimenti condotti finora dalla Human Alliance”


Accende uno schermo, su cui passano in rassegna tutte le informazioni trovate dai principali piloti dell’Armata nell’allucinante viaggio dentro la base della Human Alliance. Alla vista del mostruoso ragno congelato del Reito Beam di Mazinger Z, anche Goda trattiene un brivido.
“Abbiamo una pista – dice Yumi, dopo aver completato un breve briefing per mettere il tenente al corrente di ciò che è stato scoperto dagli altri – Tra i collaboratori di Juzo Kabuto al progetto Mazinger figurano anche dei nomi piuttosto particolari”
“Particolari?”
“Esperti di esoterismo – dice Yumi, aggrottando la fronte – Uno di loro è un noto ciarlatano, un esorcista televisivo di cui si sentiva parlare spesso in Giappone fino a qualche anno prima dell’Invasione. Il suo nome è Enma Satanikus… o anche Dottor Satanikus, come si fa chiamare”
Goda annuisce. Il nome del Dottor Satanikus, personaggio a metà tra la truffa e lo spettacolo, è più che noto per qualunque giapponese.


“Stando alle informazioni che abbiamo ricevuto, dovrebbe essersi trasferito a Londra prima dell’Invasione e vivere ancora lì. Voglio sapere che contatti aveva con la Human Alliance, e il suo ruolo all’interno del Progetto Mazinger”
“Sarò da solo, in questa operazione?”, si limita a chiedere Goda.
“No – risponde Yumi, alzandosi dalla sedia – Collaborerà con il leader della resistenza berlinese, anch’essa esperta di infiltrazione e spionaggio per alcune sue… peculiarità”
“Anch’essa?”, ripete Goda, inarcando un sopracciglio.
“Si fa chiamare Cutie Honey… è già stata avvertita”





Un rozzo marchingegno di valvole, cavi, transistor, riporta tutta la conversazione a una cabina, dove tre figure sono in attento ascolto.
“Non possiamo lasciarlo andare”, dice la prima.
“Dobbiamo intercettarlo, allora”, fa la seconda.
“Capo, che dobbiamo fare?”, conclude la terza.
Boss picchia il pavimento con un pugno deciso, soffocando una smorfia di dolore.
“Nuke! Moocha! Voi convincerete Goda a portarci con loro! Io farò la stessa cosa con la signorina Honey!”
Nuke lo guarda decisamente perplesso. Moocha aggrotta la fronte.
“Perché non il contrario?”, chiedono entrambi.
“Perché IO sono il capo! E ora muovetevi, razza di fannulloni!!”


Il modo di convincere Goda, per Nuke e Moocha, è implorarlo. L’attonito tenente, davanti ai due compari di Boss, inginocchiati e piangenti, non sa assolutamente cosa dire.
“La prego! Ci faccia venire con Honey! Cioè con lei e Honey!”
“Il Capo ci spellerà vivi se non accetta!”
Grattandosi la testa e in sempre più piena confusione, Goda fa un’unica, pertinentissima, osservazione.
“Ma non era una missione segreta?”
“Sì! Cioè… no! Insomma, sì ma… ecco… l’abbiamo saputo lo stesso…”
Goda guarda perplesso i ragazzi davanti a lui. Effettivamente, pensa, venire a conoscenza di una missione assolutamente top-secret pochi minuti dopo che questa è stata decisa, non è affatto male.
“Sentite, parlerò a Yumi – promette Goda, vincendo imbarazzo e ripugnanza quando i due iniziano a baciargli i piedi – Ma non posso promettere nulla, ok?”
“Ok! Ok! Grazie mille!”
Divincolandosi da Moocha, che ha preso a sventagliarlo adorante, Goda si dirige nell’ufficio del direttore della Fortezza.


Ovviamente, la chiacchierata con Yumi ha un esito negativo.
Per quanto (avendo avuto a che fare col trio per tutta la guerra contro Hell) non si stupisca della raffazzonata genialità della banda di Boss, il professore non può in alcun modo concedere che dei civili – ben altro che addestrati – abbiano a che vedere con una missione potenzialmente pericolosissima.
Quando l’ufficiale torna indietro, l’espressione speranzosa dei due gli rende molto più difficile riferire il secco messaggio del suo superiore.
“Perfavoreperfavoreperfavore!”, strilla Nuke, buttandosi di nuovo in ginocchio. Moocha riparte furiosamente a sventagliare il militare, con una velocità raddoppiata rispetto a prima.
Completamente esasperato, il tenente decide di aggirare le regole.
“Sentite. Tra un’ora ho un appuntamento con Cutie Honey, a cinque chilometri dalla base. Quindi… ovviamente, tenetevi alla larga da lì”
“Certo, certo”, dice seriamente Nuke.
“Ovviamente. Sì, sì”, risponde Moocha.
“E… per favore. È una missione top-secret, d’accordo? Non divulgatela ulteriormente”, aggiunge Goda, già pentito della sua scelta.
“Ma figuriamoci”
“Saremo stealth
“Come dei ninja”
Chat! Chat!”, urlano, esibendosi in improbabili mosse di arti marziali e abbandonando il corridoio.


Davanti al luogo dell’appuntamento, il respiro di Goda si blocca, agghiacciato.





Honey ha infatti raccontato dell’imminente partenza a tutti i suoi vecchi compagni. I partigiani di Berlino, che sotto la guida di Honey hanno combattuto il regime nazista di Blocken, sono davanti alla jeep che la porterà via, scattando foto, sventolando striscioni d’addio e fazzoletti, declamando frasi d’amore.
Boss, vicino a lei, fa un fracasso del diavolo.
“Un’altra foto con la bella signorina!”, urla abbrancicando un’esaltatissima Honey. Ovviamente, fa caso appena, al fatto che i fotografi inquadrino palesemente solo la donna, tagliandolo fuori da ogni scatto.
Come se non bastasse, si accorge un Goda sempre più sull’orlo della crisi nervosa, Honey ha avuto la brillante idea di “personalizzare” la jeep, riverniciandola di rosa e disegnando un paffuto cuoricino su entrambe le fiancate.
Quando Honey vede il tenente, lo saluta ad alta voce agitando una mano.
“Ciao Masaki! Quando partiamo?”
Scuro in volto, Goda si avvicina alla jeep.
“Missione top-secret…”, borbotta.
“Cos’hai detto? Non ho sentito”
“Niente, niente!”, ringhia lui, subendo una pesante pacca sulle spalle da Boss.


Proprio mentre è ancora impegnato a cacciar via le decine di persone in lacrime, che continuano a gettarsi sulla jeep per un ultimo abbraccio a Cutie Honey, spuntano dal nulla Nuke e Moocha.
Sono vestiti come due ninja.
Nuke respira attraverso una canna di bamboo e Moocha, accanto a lui, cerca goffamente di mimetizzarsi con l’ambiente circostante.
“Sono una foglia! Sono una foglia!”, urla, senza risultare troppo convincente.
Chat! Chat!”, fa eco Nuke, continuando ad agitarsi a caso.


Una vena si gonfia sulla fronte di Goda.


Il viaggio, tra battute del trio e situazioni equivoche create da Honey, scorre via ben diverso da come ci si immaginerebbe la preparazione a una missione speciale.
Il buonumore, però, cede il passo al più genuino terrore, quando finalmente i nostri riescono a entrare dentro Londra. Come ha avuto modo di vedere l’Armata Mazinger, quel che ne resta è una città fantasma, in cui la presenza umana è ormai completamente assente.
Goda e gli altri non hanno nemmeno bisogno di occultare la jeep. Nessuno è lì per controllare i loro movimenti. Goda controlla disperatamente da un dispositivo a infrarossi i movimenti dentro le case.
Nulla.
Finestre come occhi ciechi, porte socchiuse, un sommesso brulicare tra le macerie.


Non ci vuole molto, perché i nostri giungano alla piccola villetta, leggermente fuori dall’area urbana, in cui dovrebbe abitare il Dottor Satanikus. È una villetta a un solo piano, con i vetri rotti, con qualche ettaro di terreno attorno. È difficile pensare che qualcuno possa ancora abitarla.
Davanti alla casa, gli sguardi della Squadra di Infiltrazione sono carichi di tensione, e si rincorrono l’un l’altro in cerca di qualche incoraggiamento.
Goda guarda Boss Nuke e Moocha, ancora vestiti da ninja e ancora che tengono strette tra i denti inutili canne di bamboo. Scuotendo rassegnato la testa, si rivolge ai suoi compagni.
“Va bene. Voi tre restate qui, mentre io e Honey facciamo irruzione. Qualsiasi problema, correte dentro la jeep. Qualsiasi rumore strano, correte dentro la jeep. E se non torniamo entro mezz’ora…”
“… jeep?”, termina Boss per lui.
“Bravo”


Honey lancia il suo urlo.


HONEEEEEEEY FLASH!!!


Gli occhi di tutti gli altri, compresi quelli dell’impassaibile tenente si sgranano quando, per un momento, Honey appare completamente nuda e imbozzolata in un ovale di luce.
Poi, la sua muscolatura si ingrossa lievemente. Abiti da marine le compaiono addosso.
Goda, sempre più disperato dalla capacità della sua squadra di non farsi notare, si avvia verso la casa.


Lui e Honey prendono due ingressi separati. Honey sfonda la porta della villetta, mentre Goda passa attraverso una finestra dai vetri infranti.
Dentro, la casa è buia e disordinata.
L’unica luce è quella di un televisore ancora acceso, nel buio. Goda e Honey si irrigidiscono, nel sentire le voci in giapponese di quella che sembra una registrazione su videocassetta.


Dentro lo schermo, un uomo travestito da kappa si rivolge direttamente al pubblico.


Sentite rumori angoscianti nella vostra casa? Siete convinti di essere caduti vittime del malocchio e della magia nera? La cupa ombra del demonio è scesa su di voi? Telefonate a questo numero per contattare ENMA SATANIKUS, l’unico e il solo Figlio di Satana! Padrone delle arti mistiche, stregone direttamente sceso dalle fauci dell’Inferno, il dottor Satanikus saprà consigliarvi al meglio su problemi di cuore, successo, fatture ed esorcismi! Dottor Satan…


Goda smette immediatamente di fare attenzione al filmato, non appena sente delle voci provenire dalla stanza accanto. Anche Honey ripone la foto – incorniciata in un portafoto d’argento – di un bambino vestito con un cappellaccio nero e un mantello decisamente più grande, dello stesso colore. Le voci parlano in giapponese.


“Ti dico che ho sentito un rumore!”
“Enma, sei paranoico… non c’è più nessuno qui. Nessuno per portarci via…”


Le voci si avvicinano.
La porta si apre.
“Quasi nessuno”, dice Goda, fronteggiando un uomo sui trenta, coi capelli rosso fuoco e i vestiti spaventosamente simili a quelli del bambino nella foto.





Pochi minuti Goda, Honey e la banda di Boss (alcuni dei quali arrampicati su un palo della luce per “monitorare meglio la situazione”), sorseggiano un the preparato dalla ben poco amorevole collega di Enma Satanikus.
“Quindi, sei veramente il figlio di Satana?”, chiede Boss, con sincero interesse.
“Certo che no, imbecille”, sbotta l’assistente di Enma. Sembra il suo esatto opposto: algida e con un’aria decisamente altera, è una ragazza poco più giovane dello stregone, vestita con un kimono bianco. L’attenzione degli ospiti viene subito catalizzata sui fermagli per i capelli, a forma di piccoli teschi.
La donna porge una tazzina di the a ciascuno.
“Grazie, Yuki…”
“YUKIHIME!”, puntualizza lei scocciata, sbattendo il the davanti ad Enma.
Dopo un attimo di silenzio imbarazzato, Goda spiega ad Enma il motivo della sua visita. “Sappiamo che ha lavorato con un’organizzazione chiamata Human Alliance, a proposito di alcuni robot da…”
Yukihime fa cadere per terra il vassoio, sbiancando.
“Come fate a saperlo?”, chiede Enma, decisamente a poco agio.
“Abbiamo le nostre fonti. E abbiamo un assoluto bisogno di sapere in che cosa eravate esattamente implicato…”
“Siamo dell’Armata Mazinger!”, lo interrompe Cutie Honey, guadagnandosi un’occhiata di esasperazione totale da parte del tenente.
“Mazinger…”, il tono con cui Enma sembra quasi masticare quel nome, non promette nulla di buono.
“Se ve lo diciamo, ci portate via con voi?”, chiede di colpo Yukihime.
“Sì, certo… noi…”. Un secco rumore da una botola sul pavimento, che evidentemente porta a una cantina, ferma per un momento ciò che Goda stava per dire.
“C-cos’è stato?”, chiede Nuke, mentre Moocha inizia a guardarsi intorno freneticamente.
“Niente”, taglia corto Enma. “Affare fatto , allora?”
“… affare fatto”, dice Goda, decisamente impensierito dal tono frettoloso del sedicente stregone.


Il racconto di Enma non contribuisce certo a tranquillizzare l’atmosfera.





Satanikus va indietro coi ricordi, a qualche tempo prima della guerra contro Hell, nel periodo in cui fu chiamato – insieme ad altri specialisti di occulto – da alcuni rappresentanti della Human Alliance. Quando Goda chiede a Enma se davvero lui all’epoca avesse poteri soprannaturali, l’occultista cerca di glissare il discorso, né negando né confermando. Il suo racconto si sofferma sugli altri stregoni con lui, individui decisamente poco raccomandabili, affiliati ad alcune sinistre sette sataniche.
Gli “ospiti”, stando alle parole di Enma, vennero bendati e radunati in un hangar, in cui erano costruiti tre prototipi di robot da combattimento completati, più uno ancora pesantemente in costruzione: i tre erano una versione molto più massiccia di Mazinger Z, un robot femminile dalle fattezze di arpia e un altro avvolto in un mantello completamente nero. Quello in costruzione, un robot di colore rosso, di cui all’epoca era stato ultimato solo il busto. Qui, agli occultisti venne fatta una strana richiesta: accertarsi della presenza – dentro alle macchine – di veri e propri spiriti maligni. Lo scopo non era quello di esorcizzarli in qualche modo (come pensato da uno stranito Enma), ma semplicemente entrare in comunicazione con loro, capire cosa o chi fossero.
Gli occultisti iniziarono quindi un complesso rituale per evocare le presenze che – stando agli agenti della Human Alliance – infestavano i meccanismi dei tre robot…


“E qualcosa c’era – conclude il dottor Satanikus con un brivido – qualcosa di… di oscuro. E demoniaco. Imparammo i nomi di ciascuno di quei demoni. Li ho ancora trascritti tra i miei appunti”
Di malavoglia, Yukihime prende un quaderno piuttosto vecchio.
Lì, Goda e gli altri vedono alcuni schizzi che ritraggono i robot. Vicino all’arpia metallica leggono il nome Siren. Il robot ammantato di nero ha un sigillo scarabocchiato accanto e la scritta Generale dei demoni, Zannin. La scritta vicino al Mazinger è tremolante e nervosa: Re Demone Dante.
Poche pagine più avanti, c’è anche il disegno dell’altro robot di cui Enma parla: nelle bozze, il robot è ultimato e ha due ali (apparentemente organiche) membranose, da pipistrello. Re Demone Zenonè la scritta tracciata vicino.





“E’ tutto quello che sapevamo”, conclude Enma.
Goda annuisce, tenendo ancora in mano il quaderno e studiandolo con aria preoccupata. Dai fogli, perfino i disegni dei robot citati dal dottor Satanikus sembrano guardarlo con un’aria maligna.
“Ora tocca a voi, mantenere la promessa. Ci tirate fuori di qui?”
Goda alza gli occhi su di lei, leggendo una paura che ormai né lei né il suo convivente si preoccupano di tenere nascosta.
Un altro colpo, fortissimo, dal pavimento.
“Che diavolo è?”, chiese Goda, contagiato dal nervosismo crescente.
“Capo, andiamo?”, chiede subito Nuke.
Enma e Yukihime si lanciano un’occhiata spaventata e colpevole. “E’ il nostro terzo socio. Una volta faceva da mascotte alla nostra agenzia di occulto, vestito da kappa”
“Lo chiamavamo Kapaeru…”, mormora Yukihime, con una smorfia mentre pronuncia quel nome.
“Allora, se vi portiamo via, sarebbe meglio chiamare anche lui, no?”, chiede Honey.
Enma scuote decisamente la testa. “Kapaeru è… è cambiato”
Un altro colpo.
Yukihime scoppia in lacrime. “Non volevamo portargli tutta quella gente! Ma se non l’avessimo fatto, sarebbe uscito fuori e avrebbe mangiato noi, capite?”
“E’ cambiato quando hanno bombardato tutto, vero?”, fa Goda, spalancando gli occhi.
Enma annuisce.
Stavolta, oltre al botto, c’è un sottile intrecciarsi e ramificarsi di voci. Forse si farebbe fatica a distinguerle, se non fosse per il raggelato silenzio che scende di colpo tra i presenti.


il mio corpo…
i miei occhi….
voglio… tornare… a… casa…”


“Ma quanta gente c’è là sotto?”. La mano di Goda, mentre il tenente fa la domanda, si aggrappa al calcio della pistola.
“Capo… ANDIAMO?”, ripete Nuke, con Moocha che annuisce vigorosamente. Boss sta guardando ipnotizzato la botola.
Honey sfodera il fioretto, non estraendo ancora la lama del tutto.
“Aveva fame!”, spiega Yukihime, ancora in lacrime.
“Ha ancora fame… non mangia da molto…”, la corregge Enma.
Uno schianto fa volare la botola sul pavimento fino al soffitto.


Tutto si fa confuso. Nella penombra, Boss intravede parecchie facce, che continuano a strillare e lamentarsi, ora che ciò che attutiva il rumore è letteralmente esploso in decine di schegge di legno.
“C-c’è qualcosa che non…”
La voce viene interrotta da un suono. Qualcosa di graffiato, rauco, uscito da un tubo arrugginito più che da una gola.


Kh-kkkh-kkkh…


Mentre gli altri scappano all’impazzata verso la jeep, Boss resta per un momento paralizzato.
Nel fumo, che si sta diradando, gli sembra di intravedere una superficie simile al guscio di una tartaruga. E dietro, qualcosa di vivo che si sta come leccando le labbra.


HONEY FLAAASH! HONEY PIN UP!
Due robuste braccia afferrano Boss, trascinandolo fuori. Quando finalmente ritrova il fiato, oltre a urlare, il ragazzo alza lo sguardo verso Cutie Honey, inguainata in una divisa da coniglietta di Playboy che, a grandi balzi, lo sta portando verso la jeep.
Goda, dopo aver fatto salire gli altri, prende fuori delle granate, deciso a lanciarle contro la creatura che sta arrivando. Tremando, gli altri cercano disperatamente di far partire la macchina.


Dalla casa, i passi di qualcosa che si avvicina, più forte. Sempre più forte. Boss, Nuke e Moocha si mettono disperatamente sul quadro comandi della macchina.
La mano di Goda ferma sugli esplosivi.


Il demone non smette quella che, ormai, è una vera e propria corsa…